Veronica Panarello «era capace di intendere»: questo quanto scritto nelle motivazioni della sentenza dello scorso 5 luglio 2018 dalla Corte di Appello di Catania, che ha portato alla conferma della condanna a 30 anni di reclusione per l’omicidio del figlio Lorys Stival. L’omicidio, avvenuto a Santa Croce Camerina lo scorso 29 novembre del 2014, non è dunque dovuto a un raptus di follia: secondo i giudici, le diverse versioni fornite dalla donna non sono il frutto di un disturbo della personalità o di un processo di verità progressiva, ma «i tasselli di una deliberata e dolosa strategia manipolatoria e falsificatrice della realtà, in un’ottica di adeguamento progressivo della propria linea difensiva alle diverse emergenze procedimentali», riporta il Giornale di Sicilia.



OMICIDIO LORYS STIVAL, LE MOTIVAZIONI DELLA SENTENZA

Veronica Panarello, che recentemente ha affermato che gli manca «il suo bambino», avrebbe avuto un litigio con il piccolo Lorys: il bambino non voleva andare a scuola e sarebbe stato uscito coscientemente. La donna, evidenzia Gds, avrebbe prima effettuato un sopralluogo al canalone e successivamente avrebbe parcheggiato l’auto in garage per caricare il corpo esanime del bimbo di 8 anni. Nessuna premeditazione, dunque, con la Panarello che avrebbe attuato un piano prestabilito architettato nel corso del diverbio con il figlio. Ragusa Oggi evidenzia che secondo la Corte «la donna ha dimostrato l’assenza di qualsivoglia forma di resipiscenza subito dopo la commissione dell’orribile crimine, omettendo di attivarsi in qualche modo per salvare il figlio che era ancora in fase agonica, chiamando i soccorsi o invocando l’aiuto di altre persone».

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