Dopo Liuzzi, Le Iene hanno raggiunto un’altra vicina dei Ciontoli: parliamo di Maria Cristina, che ha aggiunto dettagli clamorosi alla ricostruzione su quanto successo in quella tragica notte del maggio 2015. «Ho vissuto 20 anni lì, all’apparenza tutti belli e tutti bravi: poi persone spiacevolissime. Una persona cattivissima lui, marito padrone e moglie schiava. Avevo un cagnetto, stavamo sempre in discussione: mi ha detto che prima o poi lo avrebbe ammazzato. Lui molto molto molto cattivo. Proprio con lei eh, lei ha preso un sacco di botte», le parole della donna, che poi si sofferma su Antonio Ciontoli: «Lui parcheggiava la macchina del lavoro davanti a un cancello. Lui aveva questa macchina nera, che tu dovevi fare retromarcia e parcheggiarti e stare attento a non strusciargliela perché è innamorato di questa macchina. Io quando sono arrivata, questa macchina non l’ho vista, perché ho parcheggiato tranquilla. Lui sempre la metteva là, da 20 anni!». Su Marco Vannini ha precisato: «Se avessi capito che il figlio urlava in quel modo perché stava morendo, io ho un rimorso dentro: io ho sentito tutto, ma non ho capito che era una pistola. Marco era bello come il sole, Martina era gelosa da morire: si sentivano tutte le litigate tra ragazzi. Da casa mia si sentiva tutto. Alle 19.30, quando sono tornata, ho incontrato Marco e gli ho detto forza Udinese, visto che la sera c’era Roma-Udinese (Marco tifava Roma, ndr)».



«Loro quando vedevano le partite mangiavano fuori, li sentivo parlare e ridere: ho sentito Marco, Federico, quella di Mary, ma quella di Antonio non la posso assicurare. Altre volte l’ho sentito, la sua voce è inconfondibile: questa cosa mi fa pensare che forse per me non c’era», ripercorre Maria Cristina: «I toni di voce erano altini, come da discussione», confermando la versione dei vicini, precisando di aver poi sentito «prima un botto e poi un soffio: non ho pensato a una pistola, non ho capito. Dopo questo botto, il silenzio: solo il rumore di sali e scendi dalle scale, dei passi». Marco diveva «”Martina, scusa Martina. Scusami”», con la ragazza che «rispondeva “Basta, basta adesso” con tono arrabbiato». La donna prosegue il suo racconto: «Marco strillava veramente, quando ha iniziato urlare così e a chiamare la madre disperato il cuore mi ha stretto fortissimo: mi spiace dirlo, ma era impossibile sentirlo, chiamava la madre proprio tanto. La cosa che mi ha insospettito è stato quell’urlo, quel chiamare la madre». E il dettaglio sulla macchina torna rilevante: «Mi sono affacciata e c’era il cancello aperto, Federico aspettava e mi ha detto che Marco si era sentito male. La stessa cosa ha detto alla vicina del piano di sopra»; il figlio non era sceso solo per aspettare l’ambulanza, ma per spostare la macchina come raccontato nell’interrogatorio. Maria Cristina però ha sottolineato di non aver visto la sua macchina davanti al passo carrabile: «Non c’era quella macchina, la macchina l’ho vista andare via dietro l’ambulanza, ma prima non stava davanti al cancello: la sua macchina stava in mezzo alla strada». Clicca qui per vedere il video de Le Iene.



LE TESTIMONIANZE DEI VICINI

Sono attese le motivazioni della sentenza di condanna choc nei confronti di Antonio Ciontoli e della sua famiglia per l’omicidio di Marco Vannini. Troppe cose non tornano, come continua a sostenere la mamma di Marco: «C’è qualcosa che mi sfugge, che mi logora, che non so: non riesco a descriverlo». Secondo quanto emerso nel corso del processo, sarebbe stato Ciontoli a sparare, colpendo Marco al braccio: la pallottola, dopo aver trapassato cuore e polmone, è arrivata a conficcarsi in una costola. Nell’abitazione erano presenti Antonio Ciontoli, la moglie Maria, il figlio Federico e la fidanzata Viola, oltre alla fidanzata di Marco, Martina. Vannini verso le 23.15 erano nudo in vasca, Antonio avrebbe tirato fuori due pistole e, convinto che fossero scariche, avrebbe premuto per gioco il grilletto. Dopo una prima chiamata al 118, poi chiusa, Federico trova il bossolo, torna nella stanza e Antonio Ciontoli chiama nuovamente il 118: sono passati 40 minuti dallo sparo. Nella registrazione della chiamata si sentono le urla strazianti di Marco in sottofondo e sono state le omissioni dei Ciontoli ai medici e i ritardi dei soccorsi a portare alla morte di Marco.



«Il proiettile ha perforato il polmone destro e poi il cuore, che ha continuato a battere nonostante la perforazione. Nell’autopsia ho trovato sei litri di sangue: Marco è morto per l’emorragia, non per il cuore», le parole del dottore che ha effettuato l’esame autoptico sul corpo del giovane deceduto. Le incongruenze appaiono evidenti con le intercettazioni ambientali e gli interrogatori, oltre che con le testimonianze dei vicini di casa. E’ proprio il Liuzzi a raccontare la sua versione ai microfoni de Le Iene: «Non dovevamo parlare, questo silenzio è servito a tutelare la nostra testimonianza. Lo sparo ci sarebbe stato alle 23.15 ma attorno alle 23 abbiamo sentito ‘lo vedi papà, lo vedi papà», segnale di una possibile discussione. «Marco chiedeva scusa a Martina come se avesse fatto qualcosa di sbagliato, è assurdo». Perché chiedeva scusa? Non è stato ancora chiarito, con il Liuzzi che ha poi sottolineato: «Una settimana dopo è venuta a casa la signora Ciontoli. E’ venuta da noi per sapere cosa noi avevamo effettivamente sentito». (Aggiornamento di Massimo Balsamo)

OMICIDIO VANNINI, NUOVE RIVELAZIONI

Il peso della sentenza d’Appello sul delitto di Marco Vannini è ancora fresco, con la comprensibile ira e delusione della famiglia del povero bagnino 20enne morto il 18 maggio 2015 a Ladispoli: Antonio Ciontoli è stato condannato a 5 anni di reclusione rispetto ai 14 dati in primo grado (già all’epoca contestati come “troppo pochi” per la famiglia Vannini) e si è ancora in attesa delle motivazioni di una sentenza che è stata accolta con un quasi unanime “scandalo” da addetti ai lavori e opinione pubblica. Questa sera a Le Iene Giulio Golia torna per la terza volta ad occuparsi (qui tutti i video dei servizi passati, ndr) del caso Vannini e lo fa con una intervista esclusiva ad uno dei pochi testimoni che erano nelle vicinanze della villa Ciontoli la notte tremenda della morte di Marco. Si chiama Tommaso Liuzzi, è un vicino di casa della famiglia Ciontoli e la notte del 18 maggio 2015 udì distintamente diverse urla provenienti dalla villa: «Abbiamo pensato che Marco avesse fatto delle stupidaggini», spiega all’inviato delle Iene nel servizio che andrà in onda in forma completa questa sera.

LE NOVITÀ NELL’ULTIMO SERVIZIO DELLE IENE

Marco Vannini, secondo la testimonianza del vicino dei Ciontoli, urlava e chiedeva continuamente scusa alla fidanzata Martina, «come se avesse fatto qualcosa di sbagliato lui. Non chiedeva aiuto. Urlava e basta. Non ha mai inveito contro nessuno. Si addossava le responsabilità: ‘Scusa’. Ma scusa di che?» spiega ancora Liuzzi. Il bagnino di Ladispoli, a soli 20 anni, è stato ucciso da un colpo di arma da fuoco mentre si trovava nella vasca da bagno di Casa Ciontoli con le diverse (e contraddittorie) ammissioni lasciate dal “suocero” Antonio che hanno portato, in Appello, alla condanna per 5 anni di reclusione. Il padre della ragazza avrebbe sparato a Marco colpendolo al braccio («ma è stato un errore, il colpo è partito per sbaglio» ha riferito al Processo), la pallottola ha poi attraversato torace, polmone destro e cuore conficcandosi in una costola. In casa Ciontoli quella sera erano presenti, oltre ad Antonio e Martina, anche la moglie di Antonio, Maria Pezzillo; Federico, fratello di Martina, e la sua fidanzata Viola Giorgini (assolta e non coinvolta nel processo d’Appello). Secondo il vicino Liuzzi – che pare abbia anche registrato la signora Ciontoli quando è andata da lui per chiedergli cosa avesse sentito di quelle urla – potrebbero esserci degli altri motivi, finora nascosti alle indagini, che potrebbero spiegare un’altra storia dietro alla folle e assurda morte del povero 20enne bagnino. Emergeranno nuovi dettagli in merito nel servizio de Le Iene? Non ci resta che aspettare facendo nostre le parole della famiglia Vannini, «si indaghi da zero, vogliamo la verità».