Nell’odierna puntata de La Vita in Diretta si è tornati a parlare del barbaro assassinio di Pamela Mastropietro a Macerata nel giorno in cui ha preso il via il processo a Innocent Oseghale, al momento unico imputato. Tuttavia, proprio sulla sua posizione e su quello che è stato definito già il mistero dei trolley che si rivolgono di dubbi della criminologa Roberta Bruzzone, consulente legale della famiglia Mastropietro e ospite di Francesca Fialdini. Come è noto, non ci sarà il rito abbreviato ma si ricorrerà al rito ordinario e così il ragazzo nigeriano che ha smembrato il corpo di Pamela, a suo dire, potrebbe andare incontro a una richiesta di ergastolo con isolamento diurno. A suo dire ci sono infatti ancora delle zone d’ombra, a partire dalla reale destinazione dei due trolley in cui si trovata il corpo della ragazza fino al fatto che sono poi stati ritrovati bene in vista sul ciglio della strada anche se l’intenzione di Oseghale probabilmente era un’altra pur non avendo agito con molta lucidità. Secondo la Bruzzone, infatti, l’assassino non avrebbe agito da solo ed è conclamato un suo collegamento nel tessuto della malavita nigeriana anche per via dei suoi precedenti. Ma verso quale meta erano diretti i due trolley e chi aveva intenzione di aiutare Oseghale? La consulente dei Mastropietro si è augurata che nel corso del processo di faccia chiarezza proprio su questi elementi. (agg. di R. G. Flore)



BRUZZONE, “OSEGHALE NON HA AGITO DA SOLO”

Innocent Oseghale era in aula questa mattina per la prima udienza del processo Mastropietro, davanti alla famiglia di Pamela per la prima volta: l’avvocato (e zio) della ragazza morta e fatta a pezzi ha spiegato all’uscita dal Tribunale «Noi continueremo ad indagare per quello che ci è consentito e anche su altri aspetti per capire se, effettivamente, Oseghale abbia fatto o meno tutto da solo». Sempre il legale Marco Verri, ai microfoni di Rai News, spiega che come difesa prendono atto che Oseghale sia l’unico imputato anche se «onestamente ci sembra improbabile che abbia fatto tutto da solo. Vorremmo venissero fuori anche altre situazioni, in parte emerse dalle carte processuali, come la questione della mafia nigeriana. Se l’omicidio di Pamela può servire a far emergere altre realtà così sia, ci aspettiamo il massimo risultato possibile». Dello stesso avviso anche la criminologa Roberta Bruzzone, nominata consulente della famiglia Mastropietro in fase processuale: «Secondo me sul banco dell’imputato dovrebbe esserci anche qualcun altro e in questa vicenda manca ancora un capitolo». Secondo la Bruzzone infatti la ragazza romana ha incontrato diverse persone che si sono approfittate di lei, «era in uno stato di evidente minorata difesa. Nel momento in cui ha posto piede fuori dalla comunità era in condizione di estrema fragilità ed esposta a qualsiasi tipo di manipolazione». Prossima udienza il 6 marzo, con la testimonianza di un collaboratore di giustizia (Vincenzo Marino) che sostiene di aver ricevuto in carcere da Oseghale la confidenza della totale colpevolezza: con lui ci saranno anche altri 40 testimoni in tutto nelle prossime udienze fissate per il 13, 20 e 27 marzo, 3 e 24 aprile, 8 e 15 maggio.



PARTE IL PROCESSO A INNOCENT OSEGHALE

Si apre oggi il processo di primo grado all’accusato “principe” dell’orrendo delitto di Pamela Mastropietro, la ragazza 18enne di Roma fuggita fino a Macerata dalla comunità di recupero dove risiedeva, ingannata, stuprata, uccisa e divisa in pezzi ritrovati giorni dopo nelle campagne maceratesi: scatta così oggi la prima udienza del processo per omicidio in cui lo spacciatore nigeriano Innocent Oseghale viene accusato della gravissima accusa di omicidio volontario con aggravante dello smembramento del corpo, trafugato e occultato. Davanti al tribunale di Macerata questa mattina si erano radunate alcune decine di persone con i palloncini tricolore, ma il questore li ha fatti mandare via per ragioni di sicurezza: un “delitto politico” che ha scatenato non poche conseguenze appena prima la campagna elettorale per le Elezioni Politiche del 4 marzo scorso (con il gesto folle di Luca Traini nel centro di Macerata e le divisioni politiche sul tema del razzismo e della criminalità-mafia nigeriana) e che ancora oggi crea divisioni e critiche, vedi la “sfuriata” dell’avvocato di Oseghale che in questi giorni ha attaccato direttamente Salvini e Meloni. Il nigeriano intanto insiste nella sua linea di difesa interpretata dall’avvocato Simone Matraxia, «non l’ho uccisa io» anche se ammette di essersi disfatto del corpo di Pamela Mastropietro, a suo dire morta per overdose dopo aver assunto una dose letale di eroina nell’appartamento dell’Oseghale.



LA MADRE, “MI ASPETTO IL MASSIMO DELLA PENA”

«Non sono stato io. Non l’ho violentata, non l’ho uccisa. Voglio pagare solo per quello che ho fatto, non per  ciò che non ho commesso», ha ribadito – secondo il Resto del Carlino – anche all’interno del processo nel giorno in cui la Corte d’Assise si riunisce per la prima volta nel Palazzo di Giustizia completamente blindato. Oseghale ha sempre rinunciato in sede di udienza preliminare al rito abbreviato e nessuna delle parti in causa ha (per ora) fatto richiesta di processo a porte chiuse, nonostante la delicatezza evidente del caso e i prevedibili problemi di ordine pubblico. Secondo la mamma di Pamela, Alessandra Verni, presente in aula davanti al presunto killer della figlia, «Ci aspettiamo giustizia, la condanna più alta possibile». Da quel terribile 31 gennaio 2018 di tempo ne è passato e la vicenda, ancora, è tutt’altro che “chiarita” con il processo che dovrà sentire le testimonianze e le prove di entrambe le parti. La sentenza insomma non è già scritta e la memoria di Pamela Mastropietro, per ora, difficilmente troverà “giustizia immediata”..