Se vi aspettavate un articolo di quelli in stile LaZampa.it – con tutto il rispetto per i bravi colleghi della Stampa – forse rimarrete un po’ delusi: la notizia è semplice, di quelle che nelle “colonnine a destra” dei vari portali online trovate un giorno sì e l’altro quasi. Ricercatori giapponesi hanno raggiunto la grande scoperta scientifica del fatto che l’uomo ama il cane come il figlio (mentre il gatto resta al secondo posto): in termini ancor più “scientifici”, i ricercatori hanno misurato nel dettaglio la qualità di ossitocina nelle urine di padroni che abbracciano il proprio cane domestico. Ecco proprio quell’ormone “dell’amore” confermerebbe che i livelli sono di fatto uguali a quando si abbraccia il proprio figlio, mentre per il gatto non c’è lo stesso rapporto-stretto che il “Fido” garantisce ai propri padroni. Il professore Miho Nagasawa ha chiuso 21 coppie in una stanza e ha seguito il modo di rapportarsi tra uomini e animali: «poi ha misurato nelle urine maschili la quantità di ossitocina, l’ormone dell’amore, i ricercatori hanno scoperto che la stessa quantità viene prodotta quando un papà o una mamma abbracciano il bambino», riportano i collegi di Animalia sul Corriere della Sera.



QUANDO LA SCIENZA “PERDE” LA REALTÀ (E LA RAGIONE)

«Non mi sorprende, tutti i giorni nel mio ambulatorio ho la prova di quanto sia unico il rapporto padrone-cane. Quando comunico con i proprietari mi rivolgo a loro come se gli parlassi del figlio», spiega il presidente dell’associazione nazionale medici veterinari, Marco Melosi. Che la nostra società sia sempre più pet-friendly basta osservare i negozi, i centri delle città e i ristoranti: che questa stessa società sia per forza migliore e più “buona” delle precedenti non lo sappiamo, ma vi consigliamo il “Potere dei più buoni” di Giorgio Gaber per avere un “anticipo” di risposta o di spunto critico unconventional. Di certo arrivare a considerare la radice di un rapporto affettivo in termini di “numeri di ormoni” ci provoca a noi nostalgici “umanisti” (sempre meno tra l’altro) qualche reflusso interno che non riusciamo forse bene ad esprimere, anche perché saremmo presi come “razzisti, sessisti, omicidi (anzi, animalicidi)” e quant’altro. Resta però quel senso sempre più inafferrabile di una certa scienza che pretende di spiegare ogni singolo aspetto della società in “numeri” e “dinamiche causa-effetto” quando magari ogni tanto tornare ad utilizzare la ragione potrebbe essere la ricetta se non giusta quantomeno più naturale. «La pietà non va confusa neppure con la compassione che proviamo per gli animali che vivono con noi; accade, infatti, che a volte si provi questo sentimento verso gli animali, e si rimanga indifferenti davanti alle sofferenze dei fratelli.Quante volte vediamo gente tanto attaccata ai gatti, ai cani, e poi lasciano senza aiutare il vicino, la vicina che ha bisogno…»: lo diceva tempo fa Papa Francesco, quello stesso che i pet-friendly esaltano per i (giusti) appelli per un ambiente e una natura migliori. Forse ascoltarlo anche quando dà più “fastidio” potrebbe non essere un brutto esempio da dare ai vostri figli: ad un cane e ad un gatto, ad esempio, non potreste mai insegnarlo..



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