Il dramma di due famiglie spezzate dall’assurdità di un incidente stradale si unisce al dramma di una legge, quella sull’omicidio stradale, che forse troppo in fretta è stata salutata nelle scorse legislature come una norma che avrebbe risolto tutte le ingiustizie. È il caso di Monica Lorenzatti, mamma 51enne di Gioia Casciani e zia di Ginevra Barra Bajetto, le due pattinatrici morte il 27 ottobre 2017 sull’Autostrada del Brennero: una figlia e una nipote morte sul colpo, la sorella invece (mamma di Ginevra) è in coma da 16 mesi, esattamente dagli attimi dopo il terribile incidente avvenuto. La Ford guidata dalla signora Lorenzatti è finita contro un tir sull’Autostrada del Brennero mentre le due famiglie imparentate tornavano da una gara di pattinaggio a Merano: le cuginette Gioia e Ginevra (9 e 17 anni) erano considerata le vere promesse del pattinaggio italiano di figura ma la loro vita, e quella delle loro famiglie, si è improvvisamente “spezzata” quel pomeriggio del 27 ottobre di due anni fa. Oggi quella stessa mamma si viene a sapere che verrà processata per omicidio stradale di figlia e nipote e anche per lesioni colpose gravissime ai danni della sorella gemella Graziella.



LE ACCUSE GRAVISSIME E I DUBBI CHE RESTANO

Il caso di Torino fa discutere e non poco proprio per la decisione di andare a processo con la Procura intenzionata a contestare alla donna «imprudenza e negligenza per non aver posto sufficiente attenzione alla guida e non avendo posto in essere – si legge sul capo di imputazione pubblicato dall’Adige – alcun tentativo di frenata». La sua auto procedeva a 90 chilometri all’ora mentre il tir davanti a lei viaggiava alla stessa velocità ma all’improvviso, per cause ancora bene da verificare, ha decelerato fino ai 7 km/h causando il tamponamento doppiamente fatale per le due promesse pattinatrici Gioia e Ginevra. La donna ha scelto il rito ordinario, difesa dall’avvocato Claudio Tasin: hanno sempre respinto la responsabilità per l’incidente che le ha strappato la sua bambina sostenendo «di non aver potuto evitare il tir che aveva frenato all’improvviso». L’autista del mezzo pesante in un primo momento spiegò di aver frenato per evitare un animale, salvo poi correggersi dicendo di aver avuto un malore: non solo, la difesa di Monica punta tutto sul contestare le gravi accuse della Procura partendo dalla barra paraincastro del camion. Come spiega ancora l’Adige, «Il dispositivo pare fosse fissato in tre invece che in cinque punti e questo avrebbe permesso che l’auto si infilasse sotto il pesante mezzo con drammatiche conseguenze. Inoltre la difesa sottolinea come i testimoni non abbiano visto accendersi gli stop quando il camion frenò all’improvviso». Il sospetto è che quegli stessi stop fossero guasti; se ne parlerà nella prima udienza del processo a settembre presso il Tribunale di Trento: resta la tragedia nella tragedia, con l’assurda “beffa” di trovarsi a processo per la morte delle persone più care che aveva al mondo.

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