Prosegue l’inchiesta de Le Iene sull’omicidio di Marco Vannini, Giulio Golia ha raggiunto Roberto Izzo, comandante della stazione di Ladispoli, il primo ad arrivare sul posto quella tragica sera. «Io ricevo la telefonata da questo signora all’una e un quarto di notte. E lui mi dice: “Robbè, Robbè, corri che ho fatto un casino”. E io gli ho detto: “Antò, che hai combinato, fammi capire”. E lui dice: “Robbè, corri, corri! Sono al P.T.I.”. Quando sono arrivato là, me li sono trovati tutti schierati. C’era tutta la famiglia Ciontoli, praticamente hanno seguito l’ambulanza», esordisce Izzo, con il dettaglio del tempo che è decisamente particolare: «E vabbè, perché loro poi a casa hanno pulito, no? Chi ha pulito? Eh, vai a sapere chi ha pulito». Infatti il bagno nella foto della scientifica è particolarmente pulito, senza tracce di sangue. Successivamente l’eliambulanza con a bordo Marco si dirige verso il Policlinico Gemelli e Izzo continua: «Come l’elicottero si è alzato, io alla famiglia Ciontoli ho detto: “Ora voi andate TUTTI in caserma”. Poco dopo mi arriva la chiamata che l’elicottero stava rientrando».
Partono le indagini e i Ciontoli dicono tutto, ma i racconti sono ricche di contraddizioni e c’è un dettaglio che non passa inosservato: parliamo della testimonianza in I grado del brigadiere Manlio Amadori parlando di Antonio Ciontoli in caserma. «Era molto preoccupato» il padre di Martina, che si è poi fermato nel corso del suo racconto per dire una frase che lascia i carabinieri senza parole: «“Adesso metto nei guai mio figlio”. Allora il comandante Izzo gli aprì la porta e gli dice: “Antò… tu mi devi dire una cosa! Chi è che ha esploso il colpo, tu o tuo figlio?”. “No… sono io”. “Ecco, allora, vedi di farla finita e basta…”», racconta Amadori. Izzo sottolinea: «Io gliel’ho detto a brutto muso, sono entrato proprio a gamba tesa, sono andato diretto. Perché se avesse sparato il figlio, chiaramente… la situazione poteva avere un tono diverso. E poi non è stato più toccato questo discorso». Un passaggio che non è stato messo a verbale e che avrebbe potuto modificare il corso delle indagini. Raggiunto telefonicamente, il brigadiere Amadori ha commentato: «La sua interpretazione, per una questione mia personale, è giustissima. Però io non la posso fornire come mia interpretazione… e ho detto tutto». E c’è l’analisi della polvere da sparo che lasciano ulteriori dubbi: Federico ne aveva il doppio del padre Antonio. Clicca qui per vedere il video de Le Iene. (Aggiornamento di Massimo Balsamo)
SOCCORRITORI 118: “I CIONTOLI CI HANNO INGANNATI”
«Non era parcheggiata lì, era in mezzo alla strada»: un altro vicino di casa di Antonio Ciontoli conferma la versione di Maria Cristina: «Sono più di 20 anni, non ho mai visto la macchina di Ciontoli parcheggiata in mezzo alla strada». Sono tanti i dubbi sull’omicidio di Marco Vannini e sul ruolo della famiglia Ciontoli, con la mamma del giovane ucciso che torna a quella tragica sera: «Attorno alle 23 chiama il padre e gli dice che rimaneva a dormire. Martina era molto gelosa di Marco, che voleva partire per il militare. Negli ultimi tempi si era stancato dell’ossessione di questa ragazza e mi aveva confidato che 15 giorni prima Marco era stato cacciato di casa dal suocero». E cos’è successo quando sono arrivati ai soccorritori del 118? Alle 00.23 i soccorritori Ilaria e Christian non hanno trovato tutti i Ciontoli fuori dal cancello, ma solo Federico, Martina e la ragazza di Federico: «Antonio mi è venuto incontro, mi disse che il ragazzo si era sentito male, colto da un attacco di panico. Era sdraiato per terra, con la testa rivolta verso le scale e le gambe alzate. Marco era cosciente, non rispondeva, lo sollecitavo. Lui non ce la faceva a parlare». «Quella sera parlò solo il signor Ciontoli, con Federico che annuiva e basta», prosegue Ilaria, che parla poi delle condizioni di Marco: «C’era un buchino piccolissimo, era pulito e asciutto, quasi cicatrizzato. Non c’era sangue». E ancora: «Mentre lo visitavamo, disse che potevano portarlo loro all’ospedale: hanno insistito come se volessero liquidarci. Avrei voluto fare tanto di più se ce lo avessero concesso, ci hanno ingannati». E c’è un dettaglio in più: durante l’intervento dei soccorritori, la moglie di Antonio Ciontoli ha chiamato i genitori di Marco e parla di una caduta dalle scale anziché attacco di panico. I soccorritori sottolineano che «nessuno ci chiese di salire in ambulanza, riesce a dire solo ‘aiuto ragazzi, aiutatemi’. Non riusciva ad esprimersi, era solo una richiesta di aiuto». (Aggiornamento di Massimo Balsamo)
LE IENE TORNANO SULL’OMICIDIO DI MARCO VANNINI
Il caso di Marco Vannini torna oggi in prima serata. “Le Iene” si occuperà nuovamente della morte del 20enne di Cerveteri, deceduto in seguito ad un colpo di arma da fuoco esploso dal padre della fidanzata Martina, condannato a 5 anni per omicidio colposo in secondo grado. Il colpo secondo i giudici è partito accidentalmente, ma Marco era rimasto diverse ore in casa della famiglia di lei prima di essere soccorso. “Le Iene” approfondirà ulteriormente la vicenda, dopo aver mandato in onda l’intervista alla vicina di casa dei Ciontoli, finora mai ascoltata. La signora Maria Cristina è una testimone molto preziosa, perché sostiene di aver ascoltato tutto quello che accadeva a Marco Vannini. Ma non è mai stata convocata, almeno questo secondo la sua versione. «C’è stata una lite. Poi un colpo, Marco chiamava la madre disperato e urlava “Martina scusami”», ha raccontato al programma di Italia 1. «Sono degli assassini, non c’è altra parola per descriverli», ha aggiunto. Quello della discussione nell’appartamento è un elemento peraltro già confermato da altri vicini di casa.
OMICIDIO MARCO VANNINI, I GENITORI SULLA VICINA DEI CIONTOLI
Dopo l’intervista de “Le Iene” alla vicina di casa dei Ciontoli, la mamma di Marco Vannini è scoppiata a piangere ed è stata malissimo. Lo ha raccontato lei stessa alla stampa: «Sentire dire che Marco mi cercava mi distrugge. Non mi è stata data l’opportunità di aiutarlo. Non so più cosa devo pensare. So solo che sono tanto disperata e stanca», riporta Civonline. La testimonianza della vicina è una novità clamorosa che lascia esterrefatti i genitori di Marco. «È uscita così all’improvviso con tutti gli appelli che ho fatto. Da quanto ha riferito sono andati per giunta a casa sua per dirle che doveva parlare a loro favore. Non so chi è costei ma magari ha avuto paura». Anche per Valerio Vannini è stato difficile ascoltare questa intervista. «Si è confermato ancor di più quello che abbiamo sempre pensato. Quindi quello che dicono i Ciontoli è tutta una farsa. I fatti si discostano totalmente da quello che dicono». Entrambi ora chiedono che le indagini ripartano da capo: «Ti aspetti anche che di fronte ad una vicenda dove c’è un morto i Carabinieri avessero approfondito di più. Magari sentire tutti i vicini i casa. In questi casi sono dei possibili testimoni. Cinque o sei persone hanno detto che i Carabinieri non sono andati a casa loro. Quindi il messaggio non è positivo».
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LA PETIZIONE CONTRO MARTINA CIONTOLI
Intanto è stata lanciata una petizione contro Martina Ciontoli, ex fidanzata di Marco Vannini. Nurse Times chiede la sua radiazione dall’albo degli infermieri. Il motivo di questa richiesta sta nel fatto che la ragazza non ha soccorso Marco mentre soffriva dopo essere stato colpito da un proiettile nella villa di famiglia a Ladispoli in quella tragica notte tra il 17 e il 18 maggio 2015. Questo comportamento «disonora la categoria degli infermieri, che fanno dell’assistere le persone sofferenti una missione di vita». L’Ordine delle professioni infermieristiche di Roma non si è espresso al riguardo: al momento non ci sarà alcuna sospensione o radiazione della ragazza, perché «ogni decisione avverrà dopo la sentenza definitiva». Soltanto allora l’Opi valuterà la sua posizione e, in base anche a quanto stabilirà la magistratura, oltre che alle regole deontologiche, deciderà se prendere provvedimenti. In un’intervista a Fanpage l’avvocato Pietro Messina, uno dei difensori della famiglia Ciontoli, ha dichiarato che la giovane ha già perso il lavoro due volte, «perché era in qualche modo seguita, pedinata e i datori di lavoro hanno pensato bene a un certo punto di sbarazzarsene».