Qualche giorno fa ho letto la notizia del più giovane chef stellato italiano che ha deciso di mollare tutto per dedicarsi esclusivamente al figlio appena nato e alla famiglia.
Che bello, ho pensato appena letta la notizia. Allora c’è ancora chi dà le giuste priorità nella vita. Non è vero che siamo tutti assetati solo di fama, potere e denaro. Finalmente un padre che si prende le sue responsabilità di padre e non scarica tutto il “lavoro sporco” e la fatica di crescere un figlio sulla madre.
Poi, però, proseguendo nella lettura dell’articolo scopro che lo chef stellato non verrà sostituito e il ristorante chiuderà, e allora proprio sulla responsabilità mi pongo delle domande. Non erano forse sua responsabilità anche i dipendenti del ristorante che sono così rimasti senza lavoro? Non è forse compito di un padre anche testimoniare al figlio che ognuno di noi ha una responsabilità là dove è stato messo e che ogni nostra decisione ha delle conseguenze sugli altri?
Per cercare una risposta ho provato a immaginare la reazione dei miei figli se avessi scelto di mollare tutto per stare con loro. All’inizio penso che sarebbe andata più o meno così:
Papà: Bimbi, papà ha scelto di non andare più al lavoro per stare con voi, perché siete più importanti del mio lavoro. Siete contenti?
Figli: Sììì. Giochiamo insieme?
Papà: Certo, a cosa volete giocare?
Figli: Non lo so, diccelo tu, sei tu il nostro papà.
Papà: Giusto, giochiamo con le macchinine?
Figli: Ok.
Papà: Ma i compiti li avete fatti?
Figli: Eh no, papi, ieri era il compleanno del mio amico, era più importante festeggiarlo che fare i compiti.
Papà: Giusto, va beh, facciamoli ora.
Figli: E no papi, adesso stiamo giocando con te, tu sei più importante dei compiti. Ah, tra l’altro, domani avrei un compito in classe, però è il mio onomastico, che è molto più importante del compito in classe, per cui non vado a scuola…
E penso che una volta adulti la situazione non sarebbe stata molto diversa.
Papà: Domani finalmente inizi il tuo primo lavoro, sei emozionato?
Figlio: Sì, ma domani è l’anniversario mio e della mia fidanzata, che è molto più importante del lavoro, per cui starò con lei domani…
Io sono fortunato, perché i miei figli sono molto autonomi e responsabili, per cui forse non mi risponderebbero davvero così, forse anche perché hanno capito che se aspettano che sia io a fare le cose al posto loro, che a malapena riesco a badare a me stesso, diventano vecchi.
Ma al di là della loro reazione, come possiamo pretendere che i nostri figli si impegnino a scuola e nella vita e che da grandi vadano a lavorare e si sposino (magari prima dei 38 anni) se da noi hanno visto altro?
Perché educare un figlio non significa vivergli a fianco h24, non è vivere in funzione delle sue esigenze, ma è testimoniargli il valore della vita e delle persone. È far loro vedere di cosa è fatta la vita, cioè di sacrifici, di responsabilità, di lavoro, di fatica (e uno chef lo sa bene) e che è proprio per queste cose che il tempo passato insieme acquista un valore immenso, e quindi la vita diventa anche fatta di gioia, di spensieratezza, di grazia.
Anche perché, se un figlio vede che per lui il padre ha mollato tutto, si sentirà caricato di una pressione, di un’aspettativa che non è in grado di gestire. Si sentirà la responsabilità della felicità del padre, a cui non è in grado di rispondere.
E allora mi pongo un’altra domanda: stiamo facendo davvero il loro bene a mollare tutto per stare con i nostri figli? E’ in questo modo che gli vogliamo bene davvero?