Se tiri la corda, questa si spezza e raschiare il barile è sempre rischioso. A parte la retorica dei proverbi, la politica scolastica del governo gialloverde è riuscita a coalizzare e rimettere in moto molte frange di studenti ideologizzati e scontenti. Ieri nelle principali città italiane migliaia di studenti sono scesi in piazza per protestare contro il nuovo esame di Stato e le posizioni sull’immigrazione del governo. Anima dei cortei i gruppi più politicizzati come il Fronte della Gioventù Comunista e l’Unione degli studenti; bersaglio preferito degli slogan sono stati il ministro Bussetti, Salvini, Di Maio, ma non poteva mancare Renzi, come ideatore della “Buona Scuola”. Tutti “bocciati” perché artefici di politiche contro la scuola e a favore dei tagli all’edilizia scolastica e dello sfruttamento degli studenti nelle attività di alternanza scuola-lavoro.
Il ministro dell’Interno Salvini, in modo non eclatante, in questi ultimi mesi ha iniziato a usare la mano pesante contro le occupazioni studentesche (non molto diffuse per la verità) con blitz della polizia e denunce per occupazione e interruzione di pubblico servizio. Un’attività che alla fine ha innescato queste minoranze che riescono puntualmente a far leva, quando al dialogo prevale l’ordine.
Anche Bussetti se l’è cercata, dopo aver imposto la modifica dell’esame di Stato al fotofinish, con insegnanti e studenti dell’ultimo anno che ancora non capiscono bene come saranno le prove d’esame o come si svolgerà il colloquio orale. Insomma una situazione fluida che da un parte potrebbe rientrare, se il dirigismo leghista mostrasse meno i muscoli, ma che potrebbe anche degenerare e mettere a soqquadro un anno scolastico arrivato ai due terzi del suo percorso.
La scuola com’è noto è una comunità e un luogo dinamico, che si gestisce con il coinvolgimento delle suoi componenti e che essendo fatta anche di adolescenti, vive sempre tra accondiscendenza e ribellione. Certamente essere riusciti a risuscitare gli studenti comunisti è un misero merito del segretario della Lega e ministro degli Interni, il quale oggi, dopo aver letto i resoconti di polizia, si sentirà rafforzato a proseguire.
Eppure gli studenti, anche col volto coperto da fazzoletti rossi, come nella manifestazione che ha attraversato il centro di Milano, sono sempre studenti, che nulla hanno a che fare con la militanza degli anni settanta. In fondo, anche se animati da pensieri veterocomunisti, un po’ démodé per la verità, non chiedono la luna, ma scuole più adatte a loro, soprattutto nelle periferie urbane, in cui c’è bisogno, come l’aria che respiriamo, di adulti che fanno gli educatori, di modelli culturali più solidi. E non scandalizziamoci più di tanto se questi giovani, come la maggior parte dei loro coetanei, sono disorientati da cambiamenti introdotti in modo disorganico e repentino, proposti da forze politiche che una volta al governo vogliono sempre attuare la loro epocale riforma della scuola.