In merito a quanto riportato nell’articolo Testimone di Geova ripudiata da figlie per trasfusione/ Grazia Di Nicola “sono sola”, pubblicato su queste pagine il 15 febbraio ci è giunta richiesta di pubblicazione di una precisazione da parte dell’Ufficio stampa della Congregazione Cristiana dei Testimoni di Geova di cui riportiamo il testo.
Le figlie della signora, già nel giugno 2018, hanno raccontato di essere andate via di casa per i gravi maltrattamenti fisici e psicologici a cui le sottoponevano i loro genitori. La loro è stata una scelta personale, non indotta in alcun modo dalla loro confessione religiosa. La signora, inoltre, decise di accettare l’emotrasfusione per una sua precisa volontà e non perché quella fosse l’unica opzione terapeutica. Peraltro ci risulta che non fosse in pericolo di vita. Se solo l’avesse voluto, avrebbe potuto essere trasferita in una struttura ospedaliera pubblica più attrezzata e operata con strategie mediche che non prevedessero l’utilizzo di emotrasfusioni. In Italia vengono eseguiti ogni anno diverse migliaia di interventi chirurgici senza sangue su pazienti testimoni di Geova. Vari studi scientifici hanno evidenziato che il tasso di mortalità dei pazienti non trasfusi non è superiore a quello dei pazienti trasfusi. I Testimoni di Geova amano molto la vita e si avvalgono ampiamente delle cure mediche. Negli scorsi decenni hanno “promosso la sperimentazione, in campo chirurgico e medico, di trattamenti e terapie alternativi alla trasfusione di sangue, ora applicati anche su pazienti che non hanno motivazioni religiose” (Berzano – Zoccatelli, 2005). L’unico trattamento medico che rifiutano è quello emotrasfusionale, trattamento peraltro non esente da rischi. (Ufficio Stampa dei Testimoni di Geova)