Ancora troppi dubbi sul caso della giovane Roberta Scarcella, la 18enne di Portici (Napoli) morta il 15 settembre 2012 dopo essere precipitata dal sesto piano della palazzina nella quale abitava. Finora quell’episodio era stato definito un suicidio ma il gip di Napoli ha deciso di riaprire il caso in vista di una possibile svolta che potrebbe ribaltare l’intera vicenda. Intanto un primo passo importante nella ricerca della verità sulla morte della 18enne è rappresentata dall’iscrizione nel registro degli indagati dei nomi di tre sue amiche le quali avevano trascorso la serata in discoteca insieme a Roberta. Stando a quanto emerso, i loro racconti sarebbero stati definiti ricchi di discrepanze. Il giudice napoletano, come riferisce il quotidiano Il Mattino, ha quindi chiesto nuove perizie tecniche in merito alle modalità della caduta dal sesto piano della giovane vittima. Tante le domande ancora aperte a distanza di quasi sette anni: la ragazzina fu spinta giù dal balcone? Ed ancora, la sua caduta corrisponde alla traiettoria del corpo che si lascia andare nel vuoto per via di uno smarrimento improvviso? A questi quesiti tenteranno di dare una risposta le nuove perizie tecniche richieste.
ROBERTA SCARCELLA, FU SUICIDIO? GIALLO SU MORTE 18ENNE
La morte di Roberta Scarcella, diventata un vero e proprio cold case, lascia ancora oggi molti aspetti mai chiariti. Inizialmente fu subito trattato come un caso di suicidio ma le indagini si concentrarono anche su altre poste, tra cui l’istigazione al suicidio e l’omicidio preterintenzionale a carico delle tre amiche che passarono le ultime ore accanto a Roberta prima della sua morte. Ora saranno le relazioni dei consulenti davanti al gip di Napoli a portare ad una svolta importante nel caso. Come riporta Tgcom24, saranno rese note le risultanze degli approfondimenti frutto dell’incidente probatorio chiesto all’inizio dello scorso anno dal sostituto procuratore Giorgia De Ponte. La vicenda fu caratterizzata per ben due volte dalla richiesta del pm di archiviazione, sempre negata dal gip Valerio Natale che ha ravvisato una serie di “discrasie” emerse dalle testimonianze rese dalle tre amiche della vittima, dalla posizione dove è stata trovata una scarpa di Roberta e dal racconto di una condomina che avrebbe fatto intendere di aver udito un litigio prima della morte della giovane.