La lettura della sentenza di secondo grado nell’ambito del processo sulla morte di Marco Vannini e la comprensibile reazione in aula della madre Marina Conte è stato riproposto anche ieri nel corso della trasmissione Segreti e Delitti. Una rabbia che è stata condivisa dalla maggior parte dell’opinione pubblica e che la stessa madre della giovane vittima ha commentato ancora una volta, ospite in studio. Cosa ha provato la madre di Marco in quell’aula? “Sono rimasta proprio disgustata”, ha ribadito ieri sera. “Già in primo grado di giudizio secondo me era stata emessa una sentenza non in mio nome (Antonio Ciontoli era stato condannato a 14 anni di reclusione, ndr). Lì è una famiglia intera che si era unita in branco e aveva fatto morire mio figlio…”, ha spiegato mamma Marina ribadendo di non aver preso bene quel primo verdetto. In secondo grado, tuttavia, è successo l’impensabile, con una riduzione esemplare: “Quando ho sentito che addirittura gli avevano dato un colposo, ho detto la legge italiana è proprio morta!”. Un’esclamazione che lascia in Marina e in coloro che continuano a manifestare grande affetto all’intera famiglia Vannini l’amaro in bocca, in attesa del terzo grado. (Aggiornamento di Emanuela Longo)



LITI CON MARTINA CIONTOLI

Segreti e Delitti” dedica oggi su Canale 5 uno speciale all’omicidio di Marco Vannini, che è considerato uno dei casi “irrisolti” più eclatanti della cronaca nera italiana, nonostante ci siano condanna e responsabili. Il programma condotto da Gianluigi Nuzzi e Cesara Buonamici ripercorrerà le tappe di questa vicenda che ha suscitato l’indignazione dell’opinione pubblica. Questo perché in Appello il caso è stato ridimensionato: non è stato riconosciuto come un omicidio volontario ma colposo, quindi Antonio Ciontoli è stato condannato a cinque anni di carcere, contro i 14 anni che gli erano stati inflitti in primo grado. Confermate, invece, le condanne a tre anni per i due figli di Ciontoli, Martina e Federico e per la moglie Maria Pezzillo. Alla base della riduzione della pena, che tanto ha fatto discutere, c’è la derubricazione del reato che prevede una pena più lieve. Eppure quel ragazzo poteva essere salvato: la ferita riportata per il colpo di pistola sparato dal suocero non era mortale. È emerso dalle perizie, secondo cui Marco Vannini poteva essere salvato. Ma al centro delle riflessioni e degli approfondimenti ci sarà proprio il rapporto tra Marco e Martina: si cercherà di capire il motivo del loro litigio prima della tragedia.



OMICIDIO MARCO VANNINI: LA RICOSTRUZIONE

La vicenda risale al maggio del 2015. Erano le 20 quando Marco Vannini si trovava a Ladispoli nella villetta della fidanzata Martina. In tarda serata i vicini sentono delle urla: “Vedi, papà? Vedi?”. Poi sentono un ragazzo lamentarsi con voce disumana: “Scusa Martina”. In casa non ci sono solo loro due, ma anche altre quattro persone: Antonio Ciontoli, la moglie Maria Pezzillo, il figlio Federico e la fidanzata di quest’ultimo, Viola. Tutti e cinque hanno raccontato che Marco stava facendo un bagno nella vasca. Nella stanza è entrato il capofamiglia con una pistola, pare per mostrargliela. Antonio Ciontoli ha dichiarato infatti di essere convinto che fosse scarica. E “per uno scherzo” ha premuto il grilletto, con il proiettile che ferirà Marco Vannini. Proprio il fatto che abbiano allertato in ritardo i soccorsi è uno degli aspetti su cui si è consumato lo scontro legale tra la famiglia della vittima e quella Ciontoli. Gli stessi infermieri intervenuto hanno spiegato che Antonio Ciontoli avrebbe minimizzato sull’accaduto parlando di una caduta di Marco Vannini su un “pettine appuntito” e che poi “sarebbe stato colto da un attacco di panico”.



IL CASO FINISCE A STRASBURGO?

Nei giorni scorsi c’è stato un incontro tra la madre di Marco Vannini e il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, che aveva preso a cuore la vicenda del ragazzo ucciso il 18 maggio 2015. Dopo l’incontro, il Guardasigilli ha assicurato che continuerà a seguire la vicenda. «Ho voluto esprimere la mia vicinanza alla famiglia. Ho incontrato la mamma e i cugini di Marco Vannini. Ho voluto esprimere la mia vicinanza di fronte alla tragedia che ha sconvolto la loro vita». Bonafede non è voluto entrare nel merito delle valutazioni dei magistrati, a maggior ragione con un processo ancora in corso, ma continuerà a seguire la vicenda. «Sono comunque convinto che, come Guardasigilli, nei limiti dei poteri conferitimi dalla Costituzione, sia mio dovere agire sempre nell’interesse di una giustizia efficiente e credibile», ha concluso Bonafede. La madre di Marco Vannini invece ha dichiarato che se la Cassazione non dovesse ribaltare la sentenza d’Appello, sarebbe pronta a rivolgersi alla Corte europea dei diritti dell’uomo. Inoltre, ha spiegato di aver parlato al ministro della Giustizia Alfonso Bonafede degli elementi dell’inchiesta che non sono stati presi in considerazione.