Nella tarda serata di ieri è giunta la sentenza della Cassazione in merito all’omicidio di Firenze nel quale rimase uccisa la giovane statunitense Ashley Olsen. La ragazza fu rinvenuta senza vita nel suo appartamento in via Santa Monaca, nel quartiere di Santo Spirito. Per quell’omicidio fu accusato il senegalese Cheik Diaw – attualmente detenuto nel penitenziario di San Gimignano – nei confronti del quale la Cassazione ha confermato la condanna a 30 anni già inflitta in Appello. Per le motivazioni, come riporta Il Fatto Quotidiano nell’edizione online, occorrerà attendere almeno 30 giorni prima di conoscere le motivazioni che hanno spinto i giudici del terzo grado a ritenere inammissibile il ricorso della difesa del senegalese ritenuto l’assassino dell’americana Ashley, trovata morta strangolata nel suo appartamento fiorentino. Proprio gli avvocati Antonio Voce e Federico Bagattini, difensori di Diaw, avevano basato il ricorso su due aspetti principali. Da una parte la mancata perizia in grado di stabilire l’ora esatta della morte della ragazza e dall’altra la richiesta dell’annullamento dell’aggravante della inferiorità fisica di Ashely rispetto al suo assassino.
ASHLEY OLSEN, OMICIDIO FIRENZE: 30 ANNI A CHEIK DIAW
Aveva 35 anni la statunitense Ashley Olsen, uccisa il 9 gennaio 2016 nella sua casa, nel centrale quartiere Santo Spirito. L’incontro con il ragazzo senegalese era avvenuto nella notte tra il 7 e l’8 gennaio in un locale. Secondo quanto emerso dalle indagini, la coppia decise di proseguire quella loro conoscenza in casa della donna dove si consumò un rapporto sessuale consenziente anche sotto l’effetto reciproco di alcol e cocaina. Tra i due però ci fu una violenta lite al culmine della quale scaturì l’omicidio. Secondo quanto emerso, Cheik spinse violentemente la donna facendola cadere e proprio nella caduta Ashley colpì la testa a terra. Successivamente però il senegalese fece ciò che lo ha portato all’accusa di omicidio volontario a suo carico: la strangolò. In Appello emerse il “quadro probatorio univoco” e nelle motivazioni della sentenza di secondo grado i giudici sottolinearono che “Diaw è rimasto per due ore nell’appartamento dove aveva ucciso una donna, senza neppure provare a cancellare le proprie tracce e, al tempo, aumentando il rischio di essere trovato da qualcuno sul luogo del delitto. Evidentemente si è trattato di un momento di smarrimento totale del giovane, nel quale egli non ha saputo o potuto far ricorso a ragionamenti razionali”. A trovare il corpo senza vita dell’americana il giorno seguente fu il fidanzato Federico Fiorentini. La difesa del senegalese puntava sul fatto che quella notte, dopo l’uscita del proprio assistito in casa sarebbe entrato un altro uomo. In secondo grado la tesi fu definita del tutto priva di fondatezza.