La morte del giovane 16enne Davide Bifolco, avvenuta dopo un inseguimento nel Rione Traiano a Napoli il 5 settembre del 2014 resta ancora un mistero. Il caso è stato affrontato oggi nel corso della trasmissione Chi l’ha visto nell’edizione mattutina ripercorrendo quanto accadde quasi cinque anni fa e raccogliendo le parole dei genitori e di uno degli amici di Davide, presente al momento della sua morte avvenuta dopo un colpo di pistola esploso da un carabiniere. Tutto inizia quando una pattuglia dei carabinieri si lancia all’inseguimento di tre ragazzi in sella ad uno scooter, senza casco. Riescono a bloccarli ma nei momenti concitati del fermo dalla pistola di ordinanza di uno dei militari parte un proiettile che uccide il giovane 16enne. Alla guida dello scooter c’è Vincenzo Ambrosio, poi nel centro Davide e quindi Salvatore Triunfo. Quella stessa sera, Arturo Equabile, giovane latitante avvistato durante un servizio di controllo dai carabinieri riesce a scappare. Inizia l’inseguimento dei carabinieri, le cui tracce sono concentrate su un Sh nero con a bordo il latitante vestito di bianco.  I militari, nel comunicare tra di loro segnalano la presenza del latitante in viale Traiano. Ma non si tratta d Arturo bensì dei tre ragazzi in sella ad uno scooter senza casco. Nel mezzo un giovane vestito di bianco: si tratta di Davide.



DAVIDE BIFOLCO: LA SUA MORTE UN MISTERO

La madre di Davide Bifolco, ai microfoni di Chi l’ha visto ha ricordato i momenti in cui apprese della morte del figlio 16enne: “Io quando sono arrivata ho visto il carabiniere a Salvatore ammanettato, e sotto un’aiuola c’era mio figlio morto a terra. Quando mi sono abbassata ho preso mio figlio in braccio e lo scuotevo, ho guardato il carabinieri chiedendogli cosa gli avesse fatto e perchè lo avesse ucciso”. Davide fu colpito al cuore da un colpo di pistola. Nel chiedere aiuto ai soccorritori, il carabiniere che sparò disse: “Stavo cadendo e mi è partito un colpo di pistola”. A raccontare cosa accadde, ai microfoni della medesima trasmissione di Raitre è stato Vincenzo che ha spiegato: “ho visto una macchina che a fari e sirene spente all’improvviso mi correva dietro e per paura sono scappato perchè ero senza patente e nessuno aveva un casco. Sulla rotonda siamo stati tamponati, abbiamo fatto un volo di 15-16 metri, Davide è caduto, Salvatore anche e io sono scappato per la paura. Pensavano ci fosse un latitante”. Ma perché il militare armò e fece partire il colpo? A spiegarlo è stato l’avvocato Achille Rinforzi, difensore della famiglia Bifolco: “il carabiniere riferisce che mentre stavano inseguendo il motorino, qualche attimo prima di speronarlo, mentre scappavano, lui ha visto uno scintillio nella mano sinistra di quello che lui ritiene essere Arturo Equabile ma non è convinto dice che si trattasse di una pistola ma in quel momento ha avuto l’impressione che fossero armati”. “Nessuno di tutti e tre era armato, mai una cosa del genere. Conoscevamo il latitante ma solo di vista, non gli assomigliamo”, il commento di Vincenzo.



I TROPPI DUBBI

Per la morte di Davide Bifolco il carabiniere che ha sparato è stato condannato a 4 anni e 4 mesi per omicidio colposo, pena ridotta a 2 anni in Appello e sospesa ma la mamma e il papà continuano nella loro battaglia: “farò di tutto per far uscire la verità”, dice papà Giovanni. “E’ palese che qualcuno ha inquinato le prove perchè sono state fatte indagini superficiali”. Il bossolo non fu mai trovato: secondo la madre avrebbe visto il carabiniere raccogliere qualcosa di molto piccolo da terra ma secondo la difesa i rilievi non furono fatti perchè l’intero rione scese per protestare contro i carabinieri. Rivolta che però, come spiega il legale della famiglia, ci fu solo dopo che fu diffusa dall’ospedale la notizia della morte del ragazzo. Per i genitori tante cose non tornano: il bossolo non fu mai trovato così come la maglietta bianca del ragazzo. Davide morì sul colpo? E se sì, allora perchè è stato portato in ospedale?

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