Nella consueta conferenza stampa sull’aereo di ritorno dal viaggio negli Emirati Arabi Uniti, Papa Francesco ha affrontato un tema alquanto spinoso come quello della violenza contro le donne anche all’interno della Chiesa: prendendo spunto dall’inserto femminile dell’Osservatore Romano in merito alle suore abusate da alcuni preti, il Pontefice ha confermato che purtroppo «il problema esiste nella Chiesa». Ai cronisti presenti a bordo di ritorno da Abu Dhabi, Bergoglio non si è nascosto e ha sottolineato «io credo che si faccia ancora, ma ci stiamo lavorando» riferendosi a preti, chierici e anche vescovi che hanno abusato, magari in passato, alcune suore. «Papa Benedetto – ha ricordato il Santo Padre – ha avuto il coraggio di sciogliere una congregazione femminile che aveva un certo livello, perché c’era entrata questa schiavitù, anche persino sessuale, da parte dei chierici o da parte del fondatore». Sempre in merito all’esempio dato da Ratzinger, Papa Francesco ricorda come «A volte il fondatore toglie la libertà alle suore, può arrivare a questo. Vorrei sottolineare che Benedetto XVI ha avuto il coraggio di fare tante cose su questo tema». Non solo, il maltrattamento delle donne è un problema che dalla Chiesa si espande in maniera assai più presente e preoccupante nei vari strati della società: così ancora il Santo Padre dall’aereo negli Emirati Arabi, «io oserei dire che l’umanità ancora non ha maturato: la donna è considerata di “seconda classe”. Cominciamo da qui: è un problema culturale. Poi si arriva fino ai femminicidi. Ci sono dei Paesi in cui il maltrattamento delle donne arriva al femminicidio. È vero, dentro la Chiesa ci sono stati dei chierici che hanno fatto questo. In alcune civilizzazioni in modo più forte che in altri. Ci sono stati sacerdoti e anche vescovi che hanno fatto quello».
LA CONFERENZA DI RITORNO DAGLI EMIRATI
Tantissimi gli altri temi toccati nella conferenza stampa come al solito “a braccio” sull’aereo di ritorno: dal dialogo con l’Islam, alle violenze contro i cristiani, dall’intolleranza fino alla crisi in Venezuela. In merito al prossimo viaggio in Marocco, un altro Paese musulmano, il Pontefice risponde «Anche in Marocco io seguo le tracce di san Giovanni Paolo II, che è stato il primo ad andarci. Sarà un viaggio piacevole. Ho ricevuto inviti di altri Paesi arabi, e vedremo il prossimo anno, e io o un altro Pietro. Qualcuno ci andrà», risponde il Papa che lancia così una “sibillina” anticipazione sul proprio insondabile futuro (intende riferirsi a possibili e clamorose dimissioni?). Il Grande Imam Al-Tayyib ha sottolineato il tema dell’islamofobia ma ha “taciuto” il tema, ben più presente tra l’altro nelle cronache da molti anni, della persecuzione dei cristiani: il Papa spiega allora «Io ne ho parlato. Non in quel momento, ma sto parlando frequentemente di questo. Credo che il documento fosse più di unità e di amicizia. Ma condanna la violenza e alcuni gruppi che si dicono islamici – anche se i saggi dicono che quello non è islam – perseguitano i cristiani. Ricordo quel papà a Lesbo con i suoi bambini. Aveva trent’anni, piangeva e mi ha detto: io sono musulmano, mia moglie era cristiana e sono venuti i terroristi dell’Isis, hanno visto la sua croce, le hanno chiesto di convertirsi e dopo il suo rifiuto l’hanno sgozzata davanti a me. Questo è il pane quotidiano dei gruppi terroristici: la distruzione della persona. Per questo il documento è stato di forte condanna». In un accenno alla crisi venezuelana, il Papa prova a spiegare meglio la propria posizione di accurata “attesa” nello schierarsi. «La mediazione tra Argentina e Cile è stato un atto coraggioso di san Giovanni Paolo II, che ha evitato una guerra. Ci sono dei piccoli passi, e l’ultimo è la mediazione. Ci sono passi iniziali, facilitatori, non solo per il Vaticano ma in tutta la diplomazia. Si fa così in diplomazia. Credo che dalla Segreteria di Stato potranno spiegare tutti i passi […] Io sono sempre disposto. Quando la gente va dal curato perché c’è un problema tra marito e moglie, prima va uno. Ma si chiede: l’altra parte vuole o non vuole? Anche per i Paesi questa è una condizione che li deve fare pensare prima di chiedere una facilitazione, o una mediazione».