Nonostante sembrava ormai prossimo il suo addio all’Anac, il presidente Raffaele Cantone ha seccamente smentito le indiscrezioni circolanti stamattina. «Non ho alcuna intenzione di dimettermi da Presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione», ha spiegato lo stesso magistrato in una nota ufficiale. Cantone è uscito allo scoperto negli ultimi minuti dopo che la notizia era divenuta di dominio pubblico diffondendosi a macchia d’olio. «In merito ad alcune ricostruzioni di stampa, alcune delle quali mi attribuiscono concetti fuorvianti e parole che non ho mai pronunciato, tengo a precisare di aver presentato domanda al Csm per incarichi direttivi presso le Procure della Repubblica di Perugia, Torre Annunziata e Frosinone la settimana scorsa, dopo una lunga valutazione di carattere squisitamente personale». Cantone conferma quindi le domande effettuate alle tre procure di cui sopra, ma smentisce l’intenzione di lasciare l’incarico di presidente dell’Anac: «Non ho alcuna intenzione di dimettermi da Presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione – ribadisce – come riportato da alcuni organi di stampa, tanto più che l’esito della deliberazione del CSM non è affatto scontato». Cantone ha aggiunto che a breve incontrerà il presidente del consiglio, nonché i ministri dell’interno e della giustizia, per esporre le sue motivazioni. (aggiornamento di Davide Giancristofaro)
RAFFAELE CANTONE DICE ADDIO ALL’ANAC?
E’ ormai giunta agli sgoccioli l’esperienza di Raffaele Cantone come presidente dell’Anac. Nonostante il mandato alla guida dell’Autorità nazionale anticorruzione scada il prossimo aprile 2020, il magistrato è conscio che il suo percorso non può più proseguire: «Mi sono sentito sopportato – afferma il presidente Anac uscente ai microfoni del Corriere della Sera – e siccome non sono un uomo per tutte le stagioni ho meditato a lungo e poi ho capito che era arrivato il momento di tornare a fare il mio mestiere». A complicare la sua permanenza, i rapporti con il governo insediatosi dopo le elezioni dello scorso marzo, mai idilliaci e peggiorati definitivamente con la nuova normativa sugli appalti introdotta nella legge di bilancio: «Aumenta i rischi di corruzione – diceva a dicembre – e anche quando non girano mazzette, cala la trasparenza». E ancora, la norma che alza a 150mila euro il tetto per l’affidamento degli appalti con proceduta diretta (“C’è il rischio che imprese legate alla criminalità organizzata, al Nord come al Sud, ne approfittino”), nonché la volontà di rivedere il codice degli appalti (“Bisogna smetterla di cambiare continuamente le regole”).
RAFFAELE CANTONE SI DIMETTERÀ DALL’ANAC
Tutta una serie di vedute differenti rispetto agli uomini dell’esecutivo, che hanno quindi portato alla definitiva rottura: «Questa esperienza – afferma – è ormai finita». Reazioni negative da parte delle opposizioni, a cominciare dal candidato alla segreteria del Partito Democratico, Maurizio Martina, che su Twitter scrive: «Per il governo dei condoni il problema è l’Anticorruzione. Noi invece siamo orgogliosi di avere voluto #Anac e di aver lavorato con un servitore dello Stato come #Cantone, lasciato solo dal governo della propaganda». Cantone ha lottato per anni contro la Camorra, e a Napoli si è occupato in particolare del clan dei Casalesi, facendo condannare il boss Francesco Schiavone, nonché un altro elemento di spicco della camorra come Francesco Bidognetti. Il presidente uscente dell’Anac tornerà a vestire la toga da magistrato, ed ha già fatto domanda per guidare le procure di Perugia, Torre Annunziata e Frosinone.