Malgrado gli inviti in senso contrario della Conferenza episcopale di New York e di altri vescovi, il governatore Andrew Cuomo ha firmato e reso esecutivo il Reproductive Health Act. La firma è avvenuta lo scorso 22 gennaio, anniversario della Roe vs. Wade, la sentenza della Corte suprema del 1973 che legalizzava l’aborto, sia pure con diversi limiti. La nuova legge, invece, estende la possibilità di aborto fino al momento della nascita e verrà probabilmente imitata da altri Stati: infatti, è già stata proposta in Virginia.



Andrew Cuomo è cattolico e ha dichiarato di seguire attentamente il magistero di Papa Francesco, ma ha sottolineato che i suoi convincimenti cattolici attengono alla sua vita “che è un affare mio come cattolico. Io non governo come cattolico e non legifero in quanto cattolico”. Una posizione non certo isolata all’interno del mondo cattolico, non solo americano.



Cuomo sembra, però, approvare la nuova legge anche personalmente, non solo come governatore: “Oggi stiamo facendo un grande passo avanti nella dura battaglia per assicurare il diritto della donna a prendere le proprie decisioni per quanto riguarda la sua salute personale, inclusa la possibilità di abortire”. E ha aggiunto che era necessario far approvare la legge per mettere al sicuro il “diritto di aborto”, nell’eventualità che l’attuale Corte suprema cancelli la Roe vs. Wade. Si capisce, quindi, perché Cuomo abbia deciso di “festeggiare” la nuova legge facendo illuminare di rosa il pinnacolo del World Trade Center.



Il cardinale Dolan, arcivescovo di New York, ha duramente criticato la decisione di Cuomo, tanto più che la precedente legge era già la più permissiva degli Stati Uniti: secondo il Dipartimento della Salute, dal 2012 al 2014 nello Stato di New York la percentuale di aborti provocati è stata del 40% sul totale delle nascite. Il cardinale ha dichiarato: “Quelli che una volta ci dicevano che l’aborto doveva essere sicuro, legale e raro, ora lo hanno reso pericoloso, imposto e frequente”.

Tuttavia, di fronte all’ipotesi di scomunica sollevata da diversi esponenti cattolici, sulla base anche delle recenti durissime prese di posizione del Papa contro l’aborto, il portavoce della diocesi ha detto che la scomunica non deve essere usata come “un’arma” e che è preferibile un’azione personale e diretta. Il pericolo, viene sottinteso, è che la scomunica venga utilizzata in senso politico e contro la Chiesa.

La legge precedente considerava legale l’aborto se effettuato entro le 24 settimane di gestazione e se necessario per proteggere la vita o la salute della paziente. La nuova legge aggiunge anche la “possibilità di sopravvivenza” del feto, anche dopo i 24 mesi, così da coprire i casi in cui la donna scopra più tardi l’impossibilità di sopravvivenza. Letteralmente non è l’autorizzazione ad abortire fino al momento della nascita, ma di fatto ciò diventa una reale possibilità per la vaghezza delle definizioni sopra riportate.

Per esempio, la salute della donna comprende non solo ampi e non precisati fattori psicologici, ma anche quelli economici, così come non è precisato cosa si intenda per “possibilità di sopravvivenza” e chi decide in merito. A tal proposito, la nuova legge non richiede più la presenza di un medico, ma la estende a operatori sanitari abilitati.

Un elemento rilevante è la cancellazione di ogni conseguenza penale nei casi di aborto e la legge è in pratica un elenco di modifiche delle disposizioni legislative nelle quali l’aborto è definito omicidio. L’aborto, infatti, è ora considerato solo come parte della legislazione sulla salute pubblica: “Ogni persona incinta ha il fondamentale diritto di scegliere se portare a termine la gravidanza, facendo nascere il bambino, oppure di avere un aborto”.

Quindi abortire o far nascere il proprio figlio sono due diritti fondamentali del tutto individuali e messi sullo stesso piano: il testo parla di diritto alla privacy e all’eguaglianza rispetto alle personali decisioni riproduttive. Lo Stato interviene solo per assicurare che tutto si svolga in modo sicuro. Il vecchio slogan femminista suonerebbe ora: “Il feto è mio e lo gestisco io” e lo Stato non interferisca e si limiti a pagare la mia decisione.