L’altare del totalitarismo è stato il corpo di una ragazza. Altare su cui la società italiana ha consumato il suo sacrificio al Dio Astrazione, quello che già Pasolini e prima di lui Péguy, avevano capito essere il nuovo idolo della vita collettiva autoproclamata moderna.
Eluana Englaro non è stata solo la vittima, ma l’altare. Non poteva che essere così. Il corpo che non abbiamo neanche visto e su cui si è tanto discusso, fu fatto spegnere per volere di un padre disperato e lucido, con la firma di un Presidente serrato nel suo potere, e grazie al nuovo potere che controlla la vita della gente, la Magistratura. Il corpo che rappresenta lo scandalo del limite, del concretissimo limite di non essere né farsi come si vuole.
In questi giorni di Sanremo l’Italia degli ipocriti si commuove per la bella canzone di Cristicchi sulla cura, che “copia” il tema da tanta letteratura, ad esempio da una poesia di Raymond Carver. Ma ha negato la possibilità di prendersi cura (non di guarire ovviamente, come accade in molti casi) a un corpo che – in questa strana società dell’esibito – è stato occultato. E s’aveva da un lato chi diceva è orrendo e chi, come le Suorine dove stava finché la magistratura non lo ha rapito, no, è bello, ce ne prendiamo cura noi. La scienza pure era divisa.
Ma si doveva consumare il sacrificio, il Dio Astrazione aveva fame. E la cultura dei potenti, degli intellettuali à la page, dei preti intimoriti dal consenso invece che timorati del cielo, ha costruito l’altare e sacrificato il corpo. Di Eluana, e di noi tutti, che da allora è sempre più valutato come una specie di parte meccanica di noi che quando si guasta, via. Tanto sopravvive l’anima in aria, on the web, chissà… La povera crista è stata esibita astrattamente per un motivo politico. Non umanitario. Le eutanasie, o il lasciar morire le persone senza troppo soffrire inutilmente c’è sempre stato, col buon senso che anche il catechismo riconosce. Ma a questo si arrivava nel consenso di una comunità, medico, parenti etc. Ora no, decide l’individuo e lo Stato, unico depositario di fiducia. Si chiama totalitarismo.