La gigantesca trave gerber di 36 metri di lunghezza per 19, dal peso di 800 tonnellate, rimasta illesa durante il crollo del Ponte Morandi di Genova, ha toccato terra. L’evento si è concretizzato nella serata di ieri, dopo un “viaggio” durante praticamente 12 ore, in cui l’enorme pezzo di calcestruzzo è stato prima tagliato con il diamante e quindi fatto scendere lentamente a terra, alla velocità di cinque metri ogni ora, con apposite gru. Intanto emergono alcuni dettagli dalla relazione completata nelle scorse settimane dai laboratori svizzeri dell’Empa, documento tradotto dal tedesco all’italiano che però deve essere rifatto per un cavillo burocratico. Da quanto scritto viene confermata la grave situazione di usura dello stesso viadotto sul Polcevera, e nel contempo, si sottolinea la presenza di materiale estraneo all’interno del ponte: ««Nell’area dei trefoli rotti – si legge in uno dei passaggi chiave della relazione – sono stati rinvenuti corpi estranei come materiale di iuta concrezionato, residui di grasso su parti in acciaio e frammenti di asfalto libero». I trefoli sono le fibre dei cavi di acciaio situate nei tiranti che hanno ceduto il 14 agosto, e che ovviamente non dovrebbero contenere grasso e iuta. (aggiornamento di Davide Giancristofaro)
PONTE MORANDI: DEMOLIZIONE IN CORSO
Proseguono le opere di demolizione del ponte Morandi a Genova, iniziate nella giornata di ieri. Proprio in queste ore è cominciata la discesa della famosa trave tampone, quella che collega i piloni 7 e 8, lunga 36 metri e dal peso di circa 800 tonnellate. Attraverso degli appositi martinetti e con l’aiuto del diamante, la trave verrà fatta scendere al suolo, portandola dai 45 metri di altezza dove si trova ora, ad una velocità di 5 metri ogni ora, un movimento quasi impercettibile. Le operazioni sono proseguite per tutta la notte, durante la quale sono stati svolti i lavori di taglio del pezzo del ponte incriminato. Le attività erano iniziate ieri alla presenza del presidente del consiglio Giuseppe Conte, nonché del ministro dei trasporti e delle infrastrutture, Danilo Toninelli, e del governatore della regione Liguria, Toti. I circa 60 tecnici impegnati nei lavori si dicono soddisfatti delle operazioni, e le ditte Omini e Fagioli che gestiscono la demolizione del Morandi hanno voluto sistemare una bandiera di Genova sulla gigantesca struttura tagliata, prima di adagiarla al suolo. (aggiornamento di Davide Giancristofaro)
PONTE MORANDI, DEMOLIZIONE E PASTICCI BUROCRATICI
Sono iniziati nella giornata di ieri i lavori di demolizione “visiva” del Ponte Morandi. Si prosegue a rilento, come è giusto che sia per opere di questa portata, ma si prosegue, con l’obiettivo di arrivare a marzo 2020 circa, con il nuovo Morandi giù “su”. Non sarà facile rispettare i tempi, alla luce anche di quanto emerso nelle ultime ore, visto che la traduzione in italiano delle analisi dell’Empa (redatta in tedesco) sui reperti del Morandi, va rifatta per un cavillo burocratico, che però, in processi importanti come quello in corso, possono fare la differenza. I tre specialisti incaricati dovranno quindi stilare una nuova relazione tecnica e depositarla. Le carte della stessa analisi tedesca sui reperti del Polcevera sono state comunque rese pubbliche, e al loro interno trova conferma la situazione di totale degrado in cui versava gran parte dello stesso viadotto: «Tutti i trefoli e i fili mostrano segni di corrosione di diversi gradi – si legge per quanto riguarda il noto reperto 132, frammento del tirante collassato – alcuni di grado 5 (molto elevato). Diversi trefoli mostrano una perdita totale della sezione… dovuta alla corrosione nella zona terminale. Ciò indica un processo di degrado in atto da molto tempo». Situazione simile per il blocco numero 84, parte della carreggiata: «fili dei tiranti fortemente corrosi e incrinati, armature lente corrose, deformate e rotte, aree di calcestruzzo scheggiato e incrinato».
PONTE MORANDI, DEMOLIZIONE AL VIA: INTOPPI
Intanto, come detto sopra, sono iniziate nella giornata di ieri le operazioni di demolizione della trave gerber appoggiata sulle pile 7 e 8, un enorme blocco di calcestruzzo della lunghezza di 36 metri e dal peso di 900 tonnellate, che al momento resta ancora al suo posto. Per ora non è visibile l’opera di demolizione, ma è logico pensare che per operazioni complesse come quella appunto in questione, è normale che i tempi si prolunghino. Nella giornata di ieri, come riporta l’edizione online de IlSecoloXIX, bisognava alzare il tratto di impalcato di circa dieci centimetri per poi riadagiarlo, di modo da tastare la tenuta della struttura, e il tutto si è protratto fino a tarda notte, in largo ritardo rispetto a quanto ipotizzato. «La manovra è lenta, poco spettacolare e poco percettibile. Ma è così che deve andare», le parole di Paolo Cremonini, vice presidente e responsabile delle operazioni speciali della demolizione.