La Camera ha approvato a larga maggioranza il testo del ddl di riforma della “legittima difesa”, ora pronto a tornare in Senato per il varo definitivo. Come molti autorevoli operatori del diritto hanno subito sostenuto, è l’ultima tappa di un “percorso riformatore” – ampiamente annunciato, peraltro, già agli esordi dell’azione di governo – accompagnato da enfatici annunci da parte dell’attuale maggioranza politica e, in buona parte, orientato nel suo complesso a soddisfare esigenze di natura schiettamente mediatico-elettorali più che effettive necessità di ammodernamento dell’apparato normativo.
Lo dimostra il fatto che la disciplina di cui discutiamo aveva già subito un’incisiva rivisitazione ad opera della legge 59/2006 – infatti l’attuale norma all’art. 52 del codice penale, frutto appunto di quella prima riforma, prevede già, in sostanza, che, nell’ipotesi in cui il ladro o il rapinatore si introduca nell’abitazione di qualcuno, la reazione armata della vittima sia comunque presunta come proporzionata all’offesa dell’aggressore, sempre che costui non abbia desistito e vi sia effettivo pericolo di aggressione – ampliando decisamente i confini della “legittima difesa” rispetto al passato attraverso una severa limitazione della discrezionalità del giudice nell’accertamento degli elementi costitutivi della circostanza che esclude la pena. Ora con le nuove norme il Governo pare volersi spingere oltre, e raggiungere l’obiettivo di radicalizzare gli effetti dell’intervento legislativo precedente, introducendo una sorta di presunzione assoluta, opponibile a qualsivoglia obiezione giudiziaria, circa la legittimità dell’uso delle armi da parte della vittima.
Ma cosa prevede di preciso il testo della “riforma Salvini”?
Sono sei gli articoli del disegno di legge che hanno superato il vaglio del primo ramo del Parlamento. L’art. 1 modifica l’attuale secondo comma dell’art. 52 del codice penale, prevedendo che l’uso delle armi in casa propria a fronte dell’intrusione di un estraneo che rappresenti una minaccia ad un proprio o altrui diritto (si tratti della propria incolumità personale o dei propri beni), è “sempre” presunta come proporzionata all’offesa dell’aggressore, e dunque non punibile. Alla versione precedente ed attualmente in vigore si aggiunge, dunque, la locuzione “sempre”, all’evidente scopo di dare massima valenza alla presunzione di liceità della condotta di colui che usi le armi a fini difensivi. Lo stesso art. 1 del disegno di legge, poi, aggiunge all’attuale terzo comma dell’art. 52 del codice penale che, nell’ipotesi di un tentativo di furto o rapina in casa propria “agisce sempre in stato di legittima difesa colui che compie un atto per respingere l’intrusione posta in essere con violenza o minaccia di uso di armi o di altri mezzi di coazione fisica, da parte di una o più persone”.
Tradotto in concreto, l’effetto delle modifiche indicate è il seguente: non occorre accertare l’effettività ed il grado del pericolo di aggressione alla propria persona o ai propri beni; se la minaccia si materializza nella propria abitazione e/o in altro luogo di privata dimora, l’uso delle armi per respingere l’intruso, dovessero anche derivarne conseguenze letali, è sempre e comunque lecito.
Ma il cuore della riforma della legittima difesa è rappresentato dall’art. 2 del ddl. La norma muta radicalmente i termini e le condizioni del cosiddetto “eccesso colposo in legittima difesa”, preveduto dal vigente art. 55 del codice penale (si versa in ipotesi di eccesso colposo in legittima difesa nel momento in cui la reazione della vittima travalichi colposamente – vale a dire per negligenza, imprudenza o imperizia – i limiti di proporzione; in tal caso, se la vittima ha ucciso o ferito l’aggressore, ne risponderà a titolo di omicidio o lesioni colpose). Bene: l’art. 2 ddl stabilisce che la punibilità – anche a titolo di eccesso colposo – è sempre esclusa “se chi ha commesso il fatto per la salvaguardia della propria o altrui incolumità ha agito in stato di grave turbamento, derivante dal pericolo in atto”.
In concreto: per escludere l’eccesso colposo in legittima difesa – e con esso la punibilità del fatto commesso dalla vittima – non occorrerà più dimostrare l’esistenza di un’oggettiva, concreta ed attuale situazione di pericolo per la vita della stessa vittima, ma basterà sostenere che la vittima ha agito in “stato di grave turbamento”, affidando al mero arbitrio di quest’ultima la prova del proprio stato psicologico. Il che equivale ad introdurre una sorta di giustificazione assoluta e non confutabile (chi può negare, infatti, che l’ingresso di un malintenzionato in una abitazione generi nel proprietario un grave turbamento psichico?) nell’uso delle armi da parte della vittima.
La restante parte della riforma (gli artt. da 3 a 6) si occupa dell’inasprimento delle pene previste per le fattispecie di violazione di domicilio, furto in abitazione e rapina. Inutile dire che le sanzioni edittali previste per quei reati sono già elevate – tali da consentire, tra l’altro, l’impiego durante le indagini di strumenti investigativi efficaci per l’individuazione dei responsabili e la repressione dell’illecito – e che il loro aumento pare rappresentare pura operazione propagandistica.