Fanno discutere le motivazioni della sentenza di appello con cui due giovani sono stati assolti dall’accusa di stupro di una 22enne. La ragazza ha i tratti troppo mascolini, essendo poco avvenente non è credibile che sia stata stuprata. Questa la spiegazione fornita dai giudici, tre donne peraltro. La Cassazione ha annullato la sentenza, ma non si placa l’indignazione. «Eravamo rimasti sconcertati dall’assoluzione, visto il caso particolarmente brutto, ma soprattutto dopo aver letto la motivazione della sentenza in cui i giudici facevano affermazioni, ad esempio sui tratti mascolini della ragazza, che avallavano le dichiarazioni dei due imputati», ha dichiarato all’Ansa l’avvocato Cinzia Molinaro, legale della 22enne che nel 2015 denunciò lo stupro ad Ancona. Gli imputati, che ora dovranno sostenere il processo bis a Perugia, sostennero che la ragazza fosse consenziente. Per il pg di Ancona Sergio Sottani bisogna «evitare nei processi che l’uso delle parole sia una forma ulteriore di violenza sulla vittime». (agg. di Silvana Palazzo)



“SEMBRA UN MASCHIO, IMPOSSIBILE SIA UNO STUPRO”

“Impossibile si tratti di un caso di stupro, sembra un maschio”. Parole che potrebbero uscire da un bar di periferia, ma che in realtà sono state proferite da tre giudici, per lo più donne, del tribunale di Ancona. Secondo le stesse giudicanti, è altamente improbabile che la vittima, una ragazza di origini peruviane che all’epoca dei fatti, nel 2015, aveva 22 anni, sia stata violentata proprio per via del suo aspetto fisico tutt’altro che invitante. Due giovani condannati in primo grado a cinque e tre anni per violenza sessuale, vengono così assolti in appello, e nelle motivazioni alla sentenza si legge che all’imputato principale «la ragazza neppure piaceva, tanto da averne registrato il numero di cellulare sul proprio telefonino con il nominativo “Vikingo” con allusione a una personalità tutt’altro che femminile quanto piuttosto mascolina». Se ancora non fosse abbastanza, attenzione alla chiosa finale: «Come la fotografia presente nel fascicolo processuale appare confermare».



SENTENZA SHOCK AD ANCONA ANNULLATA DA CASSAZIONE

Il verdetto è stato fortunatamente annullato, con rinvio dalla Cassazione come richiesto dal procuratore generale, di conseguenza l’appello dovrà essere rifatto, ma nel contempo l’indignazione ha raggiunto livelli quasi mai toccati in precedenza. Dopo la condanna in primo grado nel 2016, nel 2017 arriva l’assoluzione in appello. Nulla di strano, non è la prima volta che una sentenza viene ribaltata, ma a far saltare sulla sedia è proprio la motivazione allegata alla stessa. Come sottolinea Repubblica, la vittima viene definita “la scaltra peruviana”, con i tre giudici, ricordiamo, tre donne, che corroborano il proprio giudizio di elementi pittoreschi come ad esempio che «in definitiva, non è possibile escludere che sia stata proprio Nina a organizzare la nottata “goliardica”, trovando una scusa con la madre, bevendo al pari degli altri per poi iniziare a provocare Melendez (al quale la ragazza neppure piaceva, tanto da averne registrato il numero di cellulare sul proprio telefonino con il nominativo di “Nina Vikingo”, con allusione a una personalità tutt’altro che femminile, quanto piuttosto mascolina, che la fotografia presente nel fascicolo processuale appare confermare) inducendolo ad avere rapporti sessuali per una sorta di sfida».

Leggi anche

Larimar Annaloro, il procuratore: "Nessuna evidenza sull'omicidio"/ La madre: "Ho delle prove schiaccianti"