Il giudizio sul presente affonda sempre una parte delle sue radici nel giudizio sul passato. Per questo sono significative due notizie di opposto tenore, che vengono dalla cattolicità francese. La prima sfiora il ridicolo. Su Le Monde di ieri due intellettuali della gauche cattolica francese, Christine Pedotti e Anne Soupa, in un’accorata denuncia degli abusi commessi dai preti verso le donne, religiose e non, chiedono la “décanonisation” di Giovanni Paolo II. Il papa polacco sarebbe responsabile della concezione avvilente della donna nella Chiesa cattolica, cosa contro la quale le scrittrici si battono da tempo.



Nel merito non è il caso ovviamente di argomentare. Tra le pagine che si devono a Wojtyła la Mulieris Dignitatem resta una pietra miliare di ragionevolezza e lucidità sulla condizione femminile.

Va invece considerata con attenzione la strisciante opera di revisione storica che lambisce il pontificato polacco. Più in generale la giusta richiesta di chiarezza sul comportamento sessuale di alcuni religiosi, in qualche caso drammaticamente colpevoli, si sta trasformando in un ricatto vigliacco al passato, che sembra non risparmiare nemmeno una figura come Wojtyła.



Eppure chi ha vissuto quegli anni sa bene che cosa siano stati e quali frutti abbiano prodotto. La Chiesa non è banderuola ed ha i suoi tempi. Come è inverosimile che Giovanni Paolo II debba la sua santità allo striscione “Santo subito” che qualche intraprendente fedele portò in piazza San Pietro, è improbabile che la vox populi di sinistra e destra che oggi va per la maggiore a lungo andare l’abbia vinta. Ma certo qualche turbolenza nell’immediato la provoca.

Ed ecco dunque, quasi a riparazione, la seconda notizia. Sempre in Francia, si è conclusa l’indagine diocesana per la beatificazione di padre Jacques Hamel. Come è noto, due anni e mezzo fa il sacerdote ottantacinquenne fu sgozzato da due estremisti islamici mentre celebrava la Messa nella sua parrocchia di Normandia. Papa Francesco, colpito dalla testimonianza di fede dell’anziano sacerdote, acconsentì ad aprire l’iter verso la beatificazione derogando alla regola che impone un’attesa di cinque anni dalla morte. Deroga che valse per Madre Teresa e, di nuovo, per Wojtyła. L’omicidio suscitò in tutti sgomento. Seguirono poi manifestazioni di solidarietà con partecipazione, non unanime nella forma, delle comunità islamiche. Papa Francesco disse: “E’ un martire!”, ponendo un giudizio chiaro: il sacerdote francese diede la vita per la fede (non altro).



Un giudizio così è un punto di non ritorno. In fondo le figure dei santi sono anche questo: dei punti fermi, nella mutevolezza delle mentalità dominanti, soprattutto nell’incessante lavorio nascosto di aggiustamento del passato, per compiacere il presente. Infatti, senza un nesso con l’esperienza, la memoria è labile, confondibile. Il moltiplicarsi delle forme della sua registrazione (oggi digitale) non aiuta affatto la chiarezza. Anzi, fornisce più sofisticati strumenti di ritocco. C’è sempre in agguato qualche sbianchettatore della foto di gruppo.