La difesa di Cesare Battisti ci crede e punta tutta la sua battaglia legale sull’eliminazione e annullamento dell’ergastolo per il latitante italiano che tra Francia, Brasile, Bolivia e Colombia ha fatto “perdere le sue tracce” (in realtà si sapeva benissimo dov’era ma veniva protetto dai vari Governi dei Paesi dove risiedeva, ndr) per decenni prima di essere arrestato il 12 gennaio scorso ed estradato in Italia per l’accordo aggiunto tra il Ministro Salvini e il Presidente brasiliano Jair Bolsonaro. Nelle scorse settimane la difesa di Battisti ha depositato una lunga istanza di commutazione della pena dall’ergastolo fino ai 30 anni, sulla base dell’unico accordo di estradizione valido ovvero tra Italia e Brasile (dove non è previsto il carcere a vita come pena). Dopo 2 mesi di carcere italiano ad Oristano, Battisti spera di poter avere un termine temporale che prenda il posto dell’ergastolo per i 4 omicidi di cui l’ex terrorista dei PAC (Proletari Armati per il Comunismo) è ritenuto responsabile. Il 16 dicembre 2009 fu firmato il provvedimento di estradizione emesso dal Supremo Tribunale Federale brasiliano, dove veniva richiesto a Roma che «la Repubblica italiana si impegni formalmente a commutare la pena della detenzione perpetua inflitta all’estradando con una pena non superiore a trent’anni di prigione».
IL VERBALE “SOSPETTO” DI CESARE BATTISTI
Su questo l’avvocato di Cesare Battisti, l’avvocato Davide Steccanella ha avviato l’incidente di esecuzione di cui si comincerà a discutere oggi nella prima udienza alla Corte d’Assise d’Appello di Milano: in poche parole, l’avvocato punta tutto sulla poca chiarezza del provvedimento di arresto e consegna ai poliziotti italiani avvenuta lo scorso 14 gennaio. Come ben spiega il Corriere della Sera, nell’atto notificato al difensore dalla polizia si trova scritto «il connazionale Cesare Battisti è stato concesso in estradizione dalle autorità della Bolivia» ma non risulta mai stata aperta alcuna procedura simile in Bolivia; non solo, «il detenuto è stato fermato dagli agenti boliviani mentre era giunto a un passo dal Brasile. O meglio, dall’aereo che l’avrebbe portato a San Paolo» come ha raccontato lo stesso Cesare Battisti nel verbale rilasciato al suo ingresso in carcere ad Oristano. «Mentre salivo la scaletta sono arrivati gli ufficiali dell’Aeronautica boliviana, e c’è stato un conciliabolo con gli agenti della polizia brasiliana. Siamo quindi rientrati nella sala… Il capo della scorta brasiliana insisteva per ripartire con me, in quando questo era l’ordine che aveva ricevuto. Ci sono state varie telefonare e il caposcorta ha sicuramente parlato con qualcuno in Brasile, perché si esprimeva in portoghese. Tutto ciò è durato circa un’ora e mezza, e alla fine la scorta brasiliana è ripartita senza di me. Circa due ore dopo è entrata nella sala una decina di persone di nazionalità italiana», racconta in maniera “sospetta” Battisti che con buona probabilità prova in tutti i modi ad evitare di dover scontare un ergastolo. Dietro ai “sospetti” legati al suo arresto ora saranno i giudici a dover decidere in merito ai documenti e provvedimenti in quei caotici e convulsi giorni “mediatici” dell’arresto più importante compiuto dall’Italia negli ultimi anni, in campo internazionale.