Aveva deciso di combattere l’Isis assieme agli amici curdi, era partito contro tutto e tutti perché non voleva rimanere con le mani in mano: era così Lorenzo Orsetti, l’italiano “crociato” di cui oggi l’Isis ha dato l’annuncio della sua esecuzione nella roccaforte di resistenza Daesh a Baghuz, nella martoriata Siria. Il padre Alessandro, raggiunto dall’Ansa e da Rtv38, ha voluto ricordarlo così «Siamo orgogliosi di lui, della scelta che ha fatto, ma ora siamo distrutti dal dolore. Da un anno e mezzo, cioè da quando è partito, stavamo in angoscia, più contenti quando lo sentivamo al telefono, in ansia quando stavamo un periodo senza sentirlo». Non solo, quel dolore si è trasformato oggi in tragedia, ma senza mai scordare il motivo per cui – secondo il padre di Lorenzo – quel sacrificio non è andato vano: «Quando decise di andare a combattere per i curdi, mio figlio ci disse che voleva fare qualcosa per loro, non voleva rimanere senza fare nulla, voleva aiutarli nella loro causa», ha aggiunto il padre. Un ideale per dimostrare che la propria umanità poteva essere spesa anche in altro modo rispetto al menefreghismo e alla chiusura rispetto alle esigenze e bisogni del mondo.



LORENZO ORSETTI E L’IDEALE

Come Moro e Ballard sul Nanga Parbat, come l’eroico oppositore al killer suprematista in Nuova Zelanda, ma anche i tanti volontari cooperatori partiti in Medio Oriente dall’Italia in quesi anni di guerre sanguinarie, per arrivare fino a Lorenzo Orsetti: gli ideali sono molteplici, gli “spunti” per poter prendere iniziativa pure e la libertà di ciascuno di agire per dove meglio credere resta tale. Ciò che però lascia interdetti, secondo il nostro modestissimo occhio di osservatori, è quel senso di “eroismo” richiamato ogni qual volta avvengono fatti e testimonianze come quelle sopracitate: come se l’unica vera, ostinata ma reale alternativa al menefreghismo e al conformismo bieco (frutto del secolarismo disimpegnato già osteggiato dai grandi Pontefici Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Francesco negli ultimi 30 anni) fosse l’eroismo di “lasciare un segno nella storia”.



LA LIBERTÀ NEL QUOTIDIANO

Andare in battaglia contro l’Isis a fianco dei curdi resta una scelta legittima e anche grandemente motivata, come spiega Orsetti nel suo “testamento” pubblicato da Gli Occhi della Guerra «Vi auguro tutto il bene possibile, e spero che anche voi un giorno (se non l’avete già fatto) decidiate di dare la vita per il prossimo, perché solo così si cambia il mondo. Solo sconfiggendo l’individualismo e l’egoismo in ciascuno di noi si può fare la differenza. Sono tempi difficili, lo so, ma non cedete alla rassegnazione, non abbandonate la speranza; mai!». Una parola o una morale “definitiva” non l’abbiamo, ma di certo in quel “fare il bene del prossimo” non sempre l’unico argine è scendere in guerra: il quotidiano ha bisogno di 1, 10, 100 Orsetti perché si possa raggiungere l’eroicità di “uscire dagli schemi” e andare incontro a dove la realtà chiami, non per forza al fronte. Come meravigliosamente scriveva Paul Claudel in “L’annuncio a Maria”, «Santità non è farsi lapidare in terra di paganìa o baciare un lebbroso sulla bocca, ma fare la volontà di Dio con prontezza, si tratti di restare al nostro posto o di salire più in alto».

Leggi anche

Ultime notizie/ Ultim'ora oggi Manovra: caos in commissione Bilancio, slittano i tempi