Le terribili immagini dell’autopsia sul corpo di Pamela Mastropietro sono state proiettate ieri nel tribunale di Macerata. Visto che era prevista la visione delle immagini choc, il presidente della corte Roberto Evangelisti ha deciso che l’udienza fosse a porte chiuse, con l’ammissione solo delle parti, dei familiari e dei giornalisti. Il processo al nigeriano Innocent Oseghale si è aperto quindi con le foto delle valigie aperte e i resti del corpo della 18enne. I genitori hanno ascoltato fino alla fine come si è inferito sulla figlia. La mamma Alessandra Verni non ha mai distolto gli occhi, come raccontato dal Resto del Carlino, di fronte alle gambe scarnificate della ragazza, neppure di fronte al torace scuoiato, ma quando sono apparse le immagini della testa della figlia ha nascosto il volto tra le braccia. Con lei la nonna e il padre di Pamela, Stefano Mastropietro, quasi paralizzato di fronte a quell’orrore. L’avvocato Marco Valerio Verni, zio della vittima e legale della famiglia, dopo l’udienza ha dichiarato: «Bisogna fare un plauso ai genitori, che hanno mostrato dignità e compostezza senza eguali».
PAMELA MASTROPIETRO, IN AULA FOTO DEL CORPO FATTO A PEZZI
L’avvocato ha spiegato che quanto accaduto a Pamela Mastropietro «è qualcosa di unico». Siamo di fronte a «una nuova criminalità sulla quale il Parlamento dovrebbe legiferare». Le foto hanno permesso ai consulenti della procura di mostrare le lesioni e fare chiarezza sulle circostanze della morte della 18enne. Il medico legale Antonio Tombolini ha parlato del trattamento con la varechina sulla pelle e sui genitali della ragazza. L’obiettivo era «cancellare ogni traccia di un precedente rapporto sessuale». Il collega Mariano Cingolani invece ha dimostrato che le due coltellate al fegato sono state inferte quando Pamela era ancora viva, mentre la disarticolazione è avvenuta dopo la morte. Il tossicologo Rino Froldi ha spiegato che non c’è stata overdose: l’eroina era quasi del tutto smaltita. La sostanza è stata rintracciata nell’umor vitreo dell’occhio, non avendo a disposizione né sangue né urine, perché i genitali erano stati tagliati e lavati con la varechina. «I tagli sono precisi, alla schiena ad esempio all’altezza dei dischi, che sono più elastici. Un’opera molto raffinata: io faccio autopsie da 40 anni e lo avrei fatto in modo analogo», ha dichiarato il professor Cingolani, come riportato dal Resto del Carlino. Mercoledì prossimo saranno sentiti i nigeriani che erano indagati con Innocent Oseghale, accusato di violenza sessuale, omicidio, vilipendio e occultamento di cadavere ai danni della 18enne romana. Lui invece, stando a quanto comunicato dai suoi avvocati, non parlerà in aula.