Si chiama Rami Shehata, ha 13 anni, e assieme ai suoi compagni di classe ieri è riuscito a “sventare” – con l’aiuto prezioso dei carabinieri – l’assurda strage a bordo del bus dirottato e incendiato alla periferia di Milano (sulla Strada Paullese a San Donato Milanese, per la precisione). Di lui oggi parlano tutti i giornali con gli aneddoti più incredibili legati a quegli attimi di terrore quando l’astuzia di Rami, assieme al sangue freddo delle professoresse a bordo che non hanno legato tutti gli studenti come invece chiedeva l’attentatore franco-italo-senegalese Ouesseynou Sy (poi arrestato mentre aveva appena appiccato il fuoco a bordo del bus, ndr), hanno portato alla soluzione di quella che poteva tranquillamente essere una tragedia terroristica. Dietro le polemiche sul dirottatore, il buon esempio di Rami colpisce sempre più: ha finto di consegnare il cellulare in realtà nascondendolo in tasca, poi ha chiamato il padre e assieme a lui al telefono hanno escogitato di pregare in arabo a voce alta per coprire il fatto che gli stava dando le coordinate su dove si trovasse in quel momento il bus “impazzito”. Poi l’ottimo gioco di squadra adottato con gli altri compagni che di lui si fidavano e che hanno permesso di non perdere la calma pur di fronte al terrore negli occhi: «Mio figlio ha fatto il suo dovere, sarebbe bello se ora ottenesse la cittadinanza italiana», ha commentato oggi Khalid Shehata, il padre di Ramy, mentre venivano ufficialmente ringraziati dai carabinieri di San Donato.



SALVINI E LE “DUE” CITTADINANZE

«È nato qua. Per me mio figlio è un grande eroe, ha salvato la vita di 53 persone. Io sono orgoglioso per lui, perché ha fatto benissimo. L’ho abbracciato appena l’ho visto», racconta ancora l’operaio 50enne, orgoglioso per quanto il suo Rami ha compiuto a bordo del bus dirottato. Ai giornalisti che chiedevano se si sentisse italiano, il 13enne ha abbozzato un sorriso dicendo «sì dai, metà e metà». Assieme al compagno Adam e a tutti gli altri presenti a bordo si è evitata una tragedia immane e ora scatta la richiesta anche di numerose altre persone – oltre al padre – per poter ottenere la cittadinanza italiana. «Facciamo parte di questo Paese, lo sentiamo come nostro, ma non abbiamo potuto chiedere la cittadinanza ed è un prezzo che pagano anche i nostri figli», spiegano ancora i genitori dei due ragazzi, uno egiziano e l’altro marocchino. «Ha messo a rischio la propria vita per salvare quella dei suoi compagni. E’ la cittadinanza per meriti speciali che si può conferire quando ricorre un eccezionale interesse dello Stato. Sentirò personalmente il presidente del Consiglio in questo senso», ha scritto oggi Di Maio in un messaggio Facebook, aggiungendo «Credo sia un dovere togliere immediatamente la cittadinanza a quel criminale che ieri, a San Donato Milanese, stava per compiere una strage di 51 bambini. Per fortuna l’intervento dei Carabinieri ha fatto in modo che nessuno restasse ferito gravemente. Oltre ai nostri due eroi in uniforme ce n’è però anche un altro di eroe: ha 13 anni, si chiama Ramy, ha origini egiziane. Il papà oggi ha lanciato un appello, ha chiesto che gli venga riconosciuta la cittadinanza e credo che il governo debba raccogliere questa richiesta». L’altro vicepremier, Matteo Salvini, ha replicato con un sorriso «Stiamo facendo tutte le verifiche del caso. Ora dobbiamo leggere le carte e valuteremo». Il Viminale procede mentre è lo stesso Ministro degli Interni a occuparsi dell’altra cittadinanza, quella in dote al dirottatore Sy: «Faremo il possibile perché a questo tizio infame venga tolta la cittadinanza italiana: non parli a nome di sessanta milioni di italiani».

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