Denise Prisciano era una ragazzina di 14 anni morta il 6 novembre del 2017 a seguito di un aneurisma. La madre è convinta che la figlia sia deceduta per via della negligenza dei medici dell’ospedale Sandro Pertini di Roma, ma secondo i pm i fatti sono andati diversamente. Dopo una prima indagine, infatti, il caso è stato archiviato, ed ora la famiglia chiede che venga riaperto viste i numerosi errori, a loro modo di vedere, commessi quel terribile 6 novembre di due anni fa. Denise era svenuta in classe, e dopo che l’istituto aveva avvisato il Pertini, l’ospedale aveva deciso di inviare un’ambulanza e un’automedica, anche perché la ragazzina era rigida e non era cosciente. Peccato però che una volta che l’infermeria abbia visitata la giovane, ha deciso di annullare l’automedica, assegnando inoltre il codice giallo alla stessa paziente, “derubricandone” la gravità. Sarà una decisione forse fatale per la ragazza, visto che, dalla chiamata dei soccorsi alla prima visita passeranno oltre 40 minuti. «Quando la dottoressa l’ha vista – racconta la madre di Denise, Marta Monaco, ai microfoni di “Chi l’ha visto?” su Rai Tre – mi ha detto che era tutto ok e che non c’era nulla di cui preoccuparsi. Mia figlia era solo stressata ed era svenuta».



DENISE, MORTA DOPO ANEURISMA: LA MAMMA VUOLE GIUSTIZIA

Peccato però che la giovane aveva invece in corso un emorragia cerebrale: «Denise aveva 3 sintomi – le parole di Giuseppe Rombolà avvocato della famiglia – cefalee, stato soporoso, vomito non alimentare, vomitando saliva, tre elementi che uniti insieme danno l’idea di una problematica neurologica». Ed è stato un infermiere del reparto di neurologia a capire immediatamente, dopo aver visto Denise, che qualcosa non quadrava: 5 minuti dopo la ragazzina viene sottoposta ad ecografia da cui emerge un’emorragia cerebrale massiva in corso. A quel punto la giovane viene trasferita d’urgenza presso il Bambino Gesù di Roma, dove è stata poi sottoposta ad intervento chirurgico, ma a due giorni dall’operazione è deceduta. «Chiedo ai pm di fare luce e chiarezza su quanto è emerso – l’appello disperato della madre – che è chiaro ed evidente. Ho diritto alla verità e alla giustizia».

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