“Il vuoto normativo è costituzionalmente illegittimo e le Camere dovrebbero prenderne spunto per avviare riforme legislative”. E’ l’intervento del presidente della Consulta, Giorgio Lattanzi, dopo l’udienza pubblica del 19 marzo e la Camera di consiglio del giorno dopo. Queste parole hanno nuovamente messo in evidenza l’urgenza che il dibattito parlamentare affronti il tema della legalizzazione dell’eutanasia in Italia.



In realtà, in Italia una legge sul fine vita c’è già, più o meno condivisibile, ma c’è già. E’ la 219/2017. Ma ciò che si chiede con insistenza è la legalizzazione dell’eutanasia. Inequivocabili le parole del ministro della Salute, Giulia Grillo: “Sull’eutanasia legale la Consulta, segnalando un vuoto legislativo, richiama il Parlamento al suo ruolo di interprete della sensibilità e della volontà del popolo italiano. Per questo la triste storia di dj Fabo deve diventare un’occasione per avviare un dibattito serio su un tema quanto mai delicato, ma su cui la politica deve avere il coraggio di esprimersi”. L’appello finora è stato raccolto solo dal M5s.



Nell’intervento del ministro della Salute, sia pure brevissimo, ci sono tre passaggi chiave, che in qualche modo sembrano esprimere la volontà di questo governo.

1) Sull’eutanasia legale c’è un vuoto normativo: cosa quasi ovvia, se si tiene conto che in Italia l’eutanasia è illegale e ci sono almeno due articoli del codice penale che lo ribadiscono!

2) La sensibilità e la volontà del popolo italiano sarebbero decisamente a favore dell’eutanasia e il Parlamento non potrebbe che tenerne conto. Il che, tradotto in poche parole, significa che il Parlamento dovrebbe limitarsi a ratificare ciò che la cosiddetta sensibilità degli italiani vorrebbe, anche se non si sa come e quando sia stata raccolta questa sensibilità. Magari c’è già stato un referendum propositivo e nessuno se n’è accorto…



3) La triste storia di dj Fabo potrebbe essere la chiave di volta per legalizzare l’eutanasia, se la politica fosse coraggiosa. Ergo: finora la politica ha mancato di coraggio perché non ha ancora legalizzato l’eutanasia, ovviamente mettendola a carico del Ssn.

Il ministro deve aver dimenticato tutto il dibattito che si è svolto nella precedente legislatura e soprattutto deve aver dimenticato che proprio la XII Commissione alla Camera, di cui lei era membro, e forse perfino capogruppo del M5s, decise di distinguere nettamente tra proposte di legge sul fine vita e proposte di legge sull’eutanasia, accettando di discutere sulle prime e di accantonare le seconde perché estranee al tema delle Dat. La legge sul fine vita, datata 22 dicembre 2017 e in vigore dal 31 gennaio 2018, si intitola “Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento” ed è frutto di una lunga e complessa discussione che ha impegnato il Parlamento per cinque anni nella scorsa legislatura. Dunque, nessun “vuoto normativo”, ma non è il vuoto normativo sul fine vita quello che preoccupa oggi.

Ciò che si vuole, ciò che si pretende, è che il Parlamento dica a chiare lettere che ci si può suicidare quando e come si vuole: cosa drammaticamente possibile anche oggi, solo che in questo caso si chiedono altre due cose. Che lo si possa fare facendosi aiutare da qualcuno, senza che questi possa essere accusato di istigazione al suicidio, o per lo meno di aver facilitato, anche materialmente, il suicidio, o di omicidio del consenziente. E che tutto questo possa avvenire in una qualsiasi struttura del Ssn, a carico per l’appunto del Ssn.

Suicidarsi oggi è già possibile in mille modi diversi, ma c’è l’obbligo, e non solo l’obbligo morale, di intervenire per evitare che una persona lo faccia, altrimenti si potrebbe incorrere nell’accusa di omissione di soccorso. Oggi quest’accusa potrebbe ribaltarsi e diventare ostacolo al principio di autodeterminazione di un soggetto, sia pure in condizioni di grave disagio psicologico, depresso, malato.

Legalizzare il suicidio non solo scagionerebbe Cappato da qualsiasi possibile accusa, ma aprirebbe la strada a una richiesta espressa di suicidio in ospedale, da qualunque tipo di paziente, senza che il medico, almeno teoricamente, possa opporsi alla richiesta. E’ una delle tante ambiguità della legge 219/2017, tanto che non si riuscì a far approvare un emendamento che prevedeva la possibile obiezione di coscienza, perché si disse allora che la legge non faceva riferimento all’eutanasia. Mentre oggi scopriamo che quella legge, nata con la pressione emotiva del caso di dj Fabo, era solo il primo passo verso la legalizzazione dell’eutanasia.

Abbiamo votato “no” alle Dat e voteremo no alla legalizzazione dell’eutanasia, ma è fondamentale che gli italiani capiscano dove condurrà questa legge e a quanti abusi potrebbe condurre, una volta che il suicidio diventerà possibile anche in ospedale, per di più assistito e senza possibilità di opposizione da parte del medico.