La difesa di Massimo Bossetti si prepara a raccogliere tutti i nuovi elementi emersi in questi mesi, in vista della possibile riapertura del caso in merito all’omicidio di Yara Gambirasio. In questi giorni, uno dei legali difensori del muratore di Mapello accusato in tre gradi di giudizio di essere l’assassino della 13enne di Brembate e condannato all’ergastolo, tramite il suo account Facebook ha messo in luce la prima grande anomalia relativa al Dna, la prova regina. Oltre ai dubbi su quanto contestato finora dalla difesa di Bossetti, che ha sempre ribadito la mancanza del Dna mitocondriale, ora l’accento è stato posto sulla reale quantità di Dna presente sui vestiti della povera Yara e che per l’accusa sarebbe proprio quello di Bossetti. Era in quantità elevate o scarso? E se sufficiente, perchè non è mai stato permesso di poter sottoporre l’accusato ad un nuovo test? Mentre nell’interrogatorio in carcere gli inquirenti parlarono di quantità tali da poter riempire un flacone, il procuratore di Bergamo smentì tale ipotesi parlando di quantità così esigue da non poter permettere un nuovo test. Dopo aver messo a confronto i due audio in oggetti, l’avvocato Claudio Salvagni sempre su Facebook ha voluto pubblicare le dichiarazioni del consulente Casari, messe a verbale e che “conferma, a domanda specifica, che campioni di dna sono conservati nel suo laboratorio e sono disponibili per ulteriori indagini”. (Aggiornamento di Emanuela Longo)
MASSIMO BOSSETTI E CASO YARA GAMBIRASIO A QUARTO GRADO
Il caso sull’omicidio di Yara Gambirasio, nonostante tre gradi di giudizio abbiano indicato in Massimo Bossetti il suo assassino, potrebbe non essersi ancora del tutto concluso. La trasmissione Quarto Grado torna anche questa sera a porre l’attenzione su uno dei delitti tra i più mediatici della storia, quello della 13enne di Brembate, promessa stella della ginnastica artistica, uccisa il 26 novembre 2010. Per quell’omicidio, il carpentiere di Mapello, Massimo Bossetti, è stato condannato in via definitiva alla pena dell’ergastolo ma sin dal giorno del suo arresto non ha mai smesso di ribadire la sua totale estraneità rispetto alle accuse che gli sono state mosse. Bossetti tuttavia è sempre stato il solo indagato per l’uccisione della giovane Yara e soprattutto ad incastrarlo è stata quella prova regina tanto contestata dalla sua difesa, ovvero il Dna. Dopo cinque mesi dalla sentenza emessa dai giudici della Cassazione, però, potrebbe ora giungere un clamoroso colpo di scena che farebbe riaprire nuovamente l’intero caso. La difesa di Bossetti ritiene infatti di avere tra le mani elementi sufficienti per capovolgere le carte in tavola e, forse, riuscire dopo anni di tentativi a scagionare il proprio assistito dalle pesanti accuse di fronte alle quali i giudici di ben tre gradi di giudizio non hanno mai avuto alcun dubbio circa la colpevolezza del solo imputato.
MASSIMO BOSSETTI, REVISIONE PROCESSO?
A sperare in una svolta che potrebbe essere rappresentata dalla riapertura del processo ora è anche Massimo Bossetti. La sua difesa non ha mai smesso di credere nella sua innocenza e lo dimostra il duro lavoro mai cessato anche dopo l’ennesima condanna all’ergastolo che lo ha bollato a tutti gli effetti ed “al di là di ogni ragionevole dubbio” come l’assassino di Yara Gambirasio. “Per un processo di revisione serve qualcosa di forte, fortissimo. Non posso entrare nei dettagli ma crediamo di avere elementi sufficientemente forti per poter riaprire il caso, ne sono più che convinto. Mi mancano ancora dei tasselli importanti ma se riuscirò ad incastrarli allora ne vedremo delle belle”, sono state le parole pronunciate di recente da Ezio Denti, uno dei consulenti tecnici che fa parte del team difensivo di Bossetti, intervenendo a Radio Cusano Campus. Denti ha confermato di non essersi mai fermato anche di fronte alle dure sentenze nei confronti del carpentiere di Mapello ma di essere ora pronto a ridare battaglia.
OMICIDIO YARA GAMBIRASIO: LA QUESTIONE DEL DNA
Su cosa si baserà la difesa di Massimo Bossetti nel richiedere la revisione del processo resta ancora un mistero. Ciò che trapela però, stando alle parole di Denti, è che “l’errore di questo processo è all’inizio. C’è un errore che si son portati fino alla fine”. Il riferimento è forse al Dna che ha portato ad incastrare il carpentiere? Il consulente ha aggiunto che nel revisionare le carte sono trapelate “delle anomalie che potrebbero portare a riaprire il caso. Ci servono elementi forti e concreti, li stiamo classificando uno ad uno e credo che questa possibilità possa esserci”. Al centro dell’attenzione della difesa, non solo le questioni scientifiche più volte ribadite, ma anche “attività di soggetti interessanti”. La difesa in passato aveva lanciato un appello ai cittadini di Brembate chiedendo loro di farsi avanti se avessero saputo qualcosa di importante. “Abbiamo quindi ricevuto diverse informazioni che sono interessanti”, ha confermato ora il consulente. Tornando invece all’annosa questione del Dna e al mancato accoglimento della richiesta di poter eseguire una nuova perizia, sarebbe emersa una tesi discordante in merito alle quantità di Dna rinvenuto sugli abiti di Yara Gambirasio. Se nell’interrogatorio in carcere gli inquirenti ammisero che il Dna era tanto, al punto da poter riempire un flacone, differente fu quanto sostenuto in seguito dal Procuratore del Tribunale di Bergamo, Eugenio Meroni, che invece ritenne l’esigua quantità del Dna, tale da non poter permettere di poter ripetere il test.