Si chiama Guglielmo il ragazzino che scappando dal bus incendiato ha urlato il suo amore verso Dio. «Non sono mai stato un grande credente», ha ammesso a “Le Iene”. E poi ha spiegato perché ha deciso in quei momenti di paura di affidare le sue preghiere al Signore: «Gli ho chiesto di salvarci, perché eravamo tutti innocenti e non avevamo fatto nulla di male a nessuno. Poi sono uscito dal finestrino di dietro». Per fortuna non si è fatto male cadendo, quindi si è dato subito alla fuga. Ed è in quei momenti che si sente il suo “Dio ti amo”. «È come se si fosse avverata la mia preghiera. La sera stessa ho pregato di nuovo». Guglielmo comunque ha assistito ad altre dichiarazioni, ma rivolte in questo caso ai compagni: «Alcune persone si sono dichiarate, forse pensavano di non farcela». Infine, una riflessione riguardo le religioni: «Quale Dio mi ha salvato? Le religioni la vedono in modo diverso, ma ne esiste solo uno». (agg. di Silvana Palazzo)



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“VOLEVO RINGRAZIARLO”

Uno degli studenti scampati all’attentato del bus, dirottato e incendiato da Ousseynou Sy il 20 marzo, ha fatto parlare di sé per un grido d’amore. In tv e sul web ha fatto il giro il video del ragazzo che fugge dal mezzo in fiamme urlando “ti amo”. Quella frase ha colpito tutti, ma non era rivolta ad una fidanzatina. Lo racconta a “Le Iene” proprio Guglielmo, spiegando che era un grido d’amore verso Dio. «Era rivolta al Signore, sul pullman eravamo tutti disperati – ha raccontato il ragazzino – e anch’io ho voluto fare la mia preghiera. Quando siamo riusciti a salvarci mi è sembrato che si fosse avverata, quindi ho voluto ringraziare Dio». E ha urlato quella frase. Guglielmo ne parla ora che si è ripreso dallo spavento. Alice Martinelli lo ha trovato grazie all’aiuto dei suoi compagni, che risentendo la voce hanno pensato proprio a lui. Ma Guglielmo non è l’unico ragazzino scampato all’attentato che è stato sentito dal programma di Italia 1 per la puntata di oggi.



BUS INCENDIATO, RAGAZZO URLA: “DIO TI AMO”

Una mattinata apparentemente tranquilla quella del 20 marzo. Tutto è cambiato quando Ousseynou Sy dirotta uno scuolabus con 51 alunni delle medie a bordo, due insegnanti e un collaboratore scolastico. Il suo obiettivo era fare un’azione dimostrativa che avesse impatto internazionale. L’autista doveva portarli in palestra, ma invece ferma l’autobus e annuncia che andranno invece all’aeroporto di Linate. Prima che i bambini capiscano, cosparge l’autobus di benzina. Agli insegnanti affida il compito di legare le mani dei bambini con delle fascette di plastica e di ritirare i cellulari. I professori però hanno già in mente un piano: stringono le fascette solo ai ragazzi seduti davanti, quelli che Sy avrebbe visto meglio, lasciando larghe quelle dei ragazzi seduti nelle ultime file. Tra loro c’è Rami, che non consegna il suo cellulare ma lo nasconde nella giacca. L’amico vicino a lui, Riccardo, si libera delle fascette e quando l’autobus riparte chiama il 112. I carabinieri intervengono e bloccano in corsa l’autobus. Due gli parlano dal finestrino, mentre altri tre liberano i passeggeri dal finestrino posteriore. Mentre i ragazzi scappano Sy dà fuoco al mezzo, ma i passeggeri riescono a scappare e lui viene catturato. Ed è in questa fuga che Guglielmo urla: «Ti amo Dio, ti amo».