È stato condannato a 7 anni di carcere Vladimir Resendiz Gutierrez per gli abusi a Gozzano nel seminario della congregazione di diritto pontificio “Legionari di Cristo”. Il reato è stato riqualificato da violenza sessuale ad atti sessuali con minorenne nella sentenza di primo grado. Per un terzo giovane i fatti si sono prescritti ancora prima dell’udienza preliminare. Il gup Andrea Guerrerio comunque ha stabilito un risarcimento di 80mila euro ciascuno alle vittime degli abusi sessuali, 10 mila per i genitori, mille invece alla parte civile dell’associazione “Rete l’Abusi”. Il caso era rimasto finora sotto traccia, nonostante risalga al 2006-2008. I giovani seminaristi dell’istituto novarese avevano 12 e 14 anni: oggi sono ventenni. Nel frattempo il sacerdote 42enne è stato ridotto allo stato laicale dal processo canonico e, come riportato dal Corriere della Sera, è tornato in Messico. Il caso, dopo una travagliata indagine a Milano, è stato trasferito al Tribunale di Novara e ha portato ala condanna dell’ex responsabile del seminario novarese dei Legionari di Cristo.



ABUSI NEL SEMINARIO DEI LEGIONARI DI CRISTO

Ma ora il procuratore generale di Torino Francesco Saluzzo e il sostituto pg Andrea Bascheri tolgono ai pm di Novara lo stralcio sul ruolo di cinque figure di spicco dei Legionari di Cristo sulla bozza sottoposta nel 2013 ai genitori di uno degli abusati, insieme a 15mila euro di ristoro e solidarietà. Il pg torinese con questa avocazione esprime, come riportato dal Corriere della Sera, la non condivisione dell’archiviazione di padre Luca Gallizia, rettore dell’Università Europea di Roma, del legale rappresentante della congregazione Manuel Cordero Arjona, del direttore territoriale Nord-Italia Oscar Nader, dell’economo Victor De Luna e dell’avvocato Corrado D’Agostino. I pm di Novara avevano lamentato che il lungo lasso di tempo avesse fatto prescrivere un altro episodio di abusi su un terzo ragazzo. Inoltre, riguardo la scrittura privata del 2013 in cui «le parti si impegnano a mantenere assoluta riservatezza, fatta eccezione per eventuali audizioni dell’autorità giudiziaria, obbligandosi a riferire le stesse dichiarazioni rese nella presente scrittura», per la pm Silvia Baglivo non era un’estorsione ma «una mera proposta transattiva» priva di «alcuna condotta minacciosa». Invece per la Procura generale di Torino si tratta di «un tentativo di eludere eventuali investigazioni dell’autorità giudiziaria» (favoreggiamento personale), e «una minaccia al fine di determinare le parti offese a rendere false dichiarazioni» (violenza privata).

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