RABAT (Marocco) — Papa Francesco arriva a fianco del re del Marocco sulla spianata della Tour Hassan lucida di pioggia. Lui sulla papamobile e Mohammed VI su una decappottabile, cavallo di lamiera. Ad attenderli da ore uomini con il fez e donne velate, musica araba e urla di giubilo. La solennità del momento è segnata dalle bande schierate e dal cerimoniale bagnato. Davanti a ciò che rimane dei sogni imperiali di Rabat si consuma il primo atto pubblico di Francesco in Nordafrica. È Mohammed VI a presentare la monarchia illuminata e il paese islamico moderato che ha fatto della lotta al terrorismo e al radicalismo la propria personale missione.
Nel benvenuto all’ospite l’assicurazione di un paese dove moschee, sinagoghe e chiese coesistono in pace, oltre la tolleranza, nella fraternità. Francesco ascolta assorto il discendente del profeta, comandante dei credenti. 800 anni dopo l’incontro tra il Santo di Assisi e il Sultano, evento profetico per tensione ideale e audacia, un nuovo confronto, proprio nella terra irrorata dal sangue dei primi martiri francescani. Un nuovo passo per il pontefice che ha portato il grande Imam di Al Azhar a firmare la dichiarazione sulla fratellanza umana, innescando un processo, si spera irreversibile, di maturazione dell’islam.
Nella prima giornata marocchina Papa Francesco sviscera due temi che gli stanno a cuore: la necessità di creare alleanze tra i figli i Abramo per costruire un mondo più solidale, percorrendo la via del dialogo e della conoscenza reciproca, e l’accoglienza di chi è costretto a lasciare la propria terra, spesso vittima di trafficanti senza scrupoli. Così, davanti a 12mila persone, bagnate fino al midollo, Francesco parla del bisogno di costruire ponti, rivendicando l’importanza del fattore religioso. Nel Marocco dove i cristiani sono appena 30mila a fronte di una popolazione di 37milioni di persone, e dove le diocesi sono grandi quanto l’Italia, chiede che la libertà di coscienza e la libertà religiosa non si limiti alla sola libertà di culto ma consenta a ciascuno di vivere secondo la propria convinzione religiosa.
L’invito all’islam marocchino è di passare dalla semplice tolleranza al rispetto e alla stima per gli altri, sebbene Francesco riconosca i percorsi intrapresi dalla monarchia per bloccare ogni strumentalizzazione della fede, scongiurando e disinnescando la violenza terroristica e l’odio. Ne è la prova l’istituto Mohammed VI per la formazione degli imam, predicatori e predicatrici che il pontefice visita dopo aver assestato un altro colpo, un appello congiunto per Gerusalemme, il cui accesso deve essere libero per tutti, patrimonio dell’umanità da preservare, luogo di incontro e coesistenza pacifica, dove coltivare il rispetto reciproco e il dialogo. A pochi giorni dalle elezioni israeliane un segnale chiarissimo sulla vocazione della città santa.
Da Rabat, Francesco abbraccia tutto il Medio Oriente per continuare a proporre il suo sogno di convivenza e di pace.