Tanta gente che si dice cattolico praticante sfrutta la gente, sfruttano gli operai. Li mandano a casa all’inizio dell’estate per riprenderli alla fine così non hanno diritto alla pensione. E si dicono cattolici, vanno a messa alla domenica. Questo è peccato mortale. Come sempre papa Francesco non ha peli sulla lingua, non si trattiene dal denunciare le ipocrisie che si trovano ovunque,anche nella Chiesa. Lo ha fatto stamane durante la messa a Casa Santa Marta, nell’omelia che ha preso spunto da un brano del libro di Isaia sottolineando la differenza che c’è nella nostra vita fra il reale e il formale: “Il formale è un’espressione del reale, ma devono procedere insieme, altrimenti si finisce per vivere un’esistenza di apparenze, una vita senza verità nel cuore” ha detto. In questo periodo di Quaresima, ha aggiunto, dobbiamo riscoprire la semplicità delle apparenze attraverso il digiuno, l’elemosina e la preghiera, ma soprattutto i cristiani devono fare penitenza dimostrandosi lieti: “essere generosi con chi è nel bisogno senza “suonare la tromba”; rivolgersi al Padre quasi “di nascosto”, senza cercare l’ammirazione degli altri. Al tempo di Gesù l’esempio era palese nella condotta del fariseo e del pubblicano, oggi i cattolici si sentono “giusti” perché appartengono a una tale “associazione”, vanno a “Messa tutte le domeniche” e non sono “come quei poveracci che non capiscono nulla”.



PECCATORI CHE TORNANO SUBITO A FARE I GIUSTI

Francesco parla di cristiani che relativizzano tutto, anche il peccato e poi tornano a fare i giusti, “cercano di apparire con la faccia da immaginata, da santino, ma è tutta apparenza”. Questo, dice, il Signore la chiama ipocrisia. E in questa Quaresima, conclude riscopriamo tutti la bellezza della semplicità: “Chiedi al Signore la forza e vai umilmente avanti, con quello che puoi. Ma non truccarti l’anima, perché se tu ti trucchi l’anima, il Signore non ti riconoscerà. Chiediamo al Signore la grazia di essere coerenti, di non essere vanitosi, di non apparire più degni di quello che siamo. Chiediamo questa grazia, in questa Quaresima: la coerenza tra il formale e il reale, tra la realtà e le apparenze”.

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