Caro direttore,
da quando è finito il Congresso mondiale delle famiglie di Verona il mio cellulare è “bombardato” da video, commentati entusiasticamente, del discorso tenuto dalla leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni. A parte la gaffe non da poco che sia lei che Matteo Salvini, a pochi minuti di distanza, abbiano citato la medesima frase di Chesterton (“ “Fuochi verranno attizzati per testimoniare che due più due fa quattro. Spade saranno sguainate per dimostrare che le foglie sono verdi in primavera”) a dimostrazione che ai due il discorso era stato scritto dalla stessa manina, stupisce e infastidisce questo entusiasmo. Giorgia Meloni ha detto parole anche apprezzabili, ad esempio che il Medioevo era anche il tempo di Dante Alighieri e Petrarca, rimandando al mittente le accuse di oscurantismo medievale fatte al Congresso stesso da parte di chi vi si opponeva. Ma quello che colpisce dell’entusiasmo di chi applaude Giorgia Meloni è la palese cartina di tornasole che questo entusiasmo tradisce. Cioè che siamo qui per fare una battaglia per la “vittoria definitiva” su chi sta distruggendo la famiglia e “i nostri ideali, i nostri valori etici”.
Forse Giorgia Meloni che ha un figlio fuori del matrimonio non è la persona più adatta a difendere la famiglia tradizionale, ma su questo tutti passano sopra con nonchalance. Così come passano sopra sull’evidente caccia al voto che Salvini e la leader di Forza Italia sono andati a fare a Verona. Quale desiderio di potere e supremazia fa così esaltare queste persone, come se l’unico scopo del cristiano fosse dimostrare la sua superiorità di depositario della verità, senza capire che i due non hanno mai testimoniato personalmente e politicamente interesse per la famiglia se non per motivi elettorali? Parla in questo senso il loro impegno (inesistente) per la famiglia in parlamento.
Come e da chi sono stati educati i cattolici negli ultimi vent’anni, se l’unica cosa che interessa loro è “vincere”, ignorando anche le regole più semplici della democrazia (cioè che la maggioranza, piaccia non piaccia, fa le leggi)? Se negli anni 60 e 70 il partito unico dei cattolici aveva un significato nobile, è perché i tempi erano diversi: l’Italia era il paese al mondo con il più forte partito comunista dopo quello sovietico che aveva sempre guardato al nostro paese con interessi egemonici; per le strade si era combattuta una guerra civile degna del Sudamerica. C’era bisogno di una grande unità popolare.
Ma i tempi sono cambiati. Per la mia età non più giovane ricordo l’attivismo con cui mi sono battuto ai tempi del referendum per l’abolizione della legge sull’aborto, dimenticandomi completamente che per difendere certi valori non ci si batte per le strade, ma nell’impegno personale. Ricordo però anche la frase di monsignor Giussani che oggi nessun cattolico ricorda più. Al settimanale Il Sabato che all’indomani della sconfitta elettorale sbandierava il titolone “Si ricomincia da 32” cioè la percentuale di chi aveva votato no all’aborto, promettendo (o meglio minacciando) nuove future battaglie, Giussani rispondeva con “Si ricomincia da Uno”, Gesù Cristo, cioè l’opposto della battaglia.
In un bell’articolo Davide Prosperi sul sito di Comunione e liberazione ha scritto fra le altre cose che “Noi stiamo vivendo, oggi, una condizione nella quale si aprono moltissime sfide per la società e per l’umanità, a tutti i livelli. Però in tutto questo è come se mancasse un giudizio sintetico”, aggiungendo che “negli ultimi anni, Cl ha proposto un’altra modalità di vivere il rapporto con la politica. Non è stata una rinuncia, ma l’affermazione della necessità di prendere coscienza di questa svolta storica che non riguarda solo i cattolici, ma la radice del disagio che mina profondamente le fondamenta della nostra società”; “C’è sempre un potere che tiene le fila, che ti sollecita a fare quello che vuole; e sarà sempre più così quanto più ci indirizzeremo verso una concezione della persona autonoma e slegata da rapporti, affetti e realtà educative autentiche che possano sostenere la costruzione di un soggetto umano maturo”.
Infine: “io credo che certi gesti di carità che Cl sta realizzando da anni abbiano un significato che va ben al di là della raccolta di beni o fondi per i più bisognosi. La verità è che pongono pubblicamente un giudizio culturale, ma anche politico, in quanto rappresentano una forma concreta di riproporre un ideale, che diventa anche un’ipotesi di risposta a certi bisogni”.
Tutto questo dice che i tempi sono cambiati, e per fortuna c’è oggi uno sguardo diverso dall’esaltarsi per la doppia frase di Chesterton citata dalla Meloni e Salvini. Mentre si teneva il Congresso di Verona, papa Francesco era in Marocco a incontrare razze e culture, religioni e stili di vita lontanissimi da noi, a stringere mani alla gente, là dove è il nostro posto, non sui palcoscenici eleganti e fioriti. Come è possibile che i cattolici di oggi rifiutino il papa per un convegno fatto di slogan e muri, che invitano solo a fare battaglie e a dividerci? Un popolo cattolico ancora imbevuto di ideologie: viene da chiedersi chi abbia educato questo popolo negli ultimi venti e passa anni, da quando è caduto il muro di Berlino.