Accusato di traffico d’armi, l’intermediario 75enne Franco Giorgi è stato estradato in Italia. Detenuto in Libia dal 2015, Giorgi avrebbe svolto un ruolo centrale nell’intermediazione per la compravendita di ingenti quantitativi di armi e munizioni da far pervenire in Libia da altri paesi europei e di materiali di armamenti destinati a svariati Paesi, come Corea del Nord, Iraq, Dubai e Libano. Come reso noto dalla Polizia di Stato, il settantacinquenne è stato rimpatriato perché colpito da un provvedimento restrittivo emesso nel 2016 dal G.I.P. del Tribunale di Ascoli Piceno, per reati in materia di armi. L’uomo, espulso dal territorio libico, è stato affidato ad operatori del Servizio Centrale Operativo e del Servizio Immigrazione che lo stanno conducendo in Italia, in collaborazione con il Servizio per la Cooperazione Internazionale di Polizia. All’arrivo all’aeroporto di Ciampino si è eseguito il provvedimento del Giudice italiano, a cui hanno partecipato militari dell´Arma dei Carabinieri che avevano svolto le indagini.
IL COMMENTO DI ALFONSO BONAFEDE
Dopo Cesare Battisti, un altro condannato estradato in Italia: parliamo del “principale mediatore italiano” del network di Abdurraouf Eshati secondo un rapporto del Consiglio di sicurezza dell’Onu. Il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede ha commentato così: «Un buon viatico per i prossimi negoziati con la Libia e un altro successo nella cooperazione giudiziaria: del resto, le stesse indagini che avevano portato all’emissione dell’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di Giorgi sono state svolte in concerto con l’autorità giudiziaria britannica, l’Onu e la Repubblica di Slovenia, in una proficua collaborazione internazionale. Questa è la dimostrazione di quanto sia importante il meticoloso lavoro che si svolge quotidianamente per assicurare alla giustizia latitanti e condannati che hanno pensato, sbagliando, di poterla fare franca oltrepassando i confini del Paese. Ma, non mi stancherò mai di dirlo, alla Giustizia italiana non si sfugge. Continuiamo a lavorare, col massimo riserbo che richiede questa attività, per riportare in Italia chi ha ancora un conto in sospeso con la Giustizia».