Natale Giunta, chef de La Prova del Cuoco, oggi ha raccontato tutto quello che sta accadendo a Storie Italiane. L’uomo ha raccontato in che modo i malviventi siano venuti a chiedergli il pizzo ma anche come hanno agito nei suoi confronti dopo la denuncia che lui ha presentato. La vicenda parte nel 2012 ed è ormai molto nota: “Io non mi sono mai tirato indietro, per me l’unica strada è quella delle denunce ma da lì è iniziato tutto…”, ha raccontato. L’uomo ha spiegato tutto ciò che ha dovuto subire per anni: “ho avuto furgoni bruciati, un cane ammazzato, una busta con proiettili a casa, intrusioni nel ristorante, tutto per farmi passare il piacere di avere un’attività ma non ho mai mollato. Io sono nato in quella terra (la Sicilia, ndr) e abbandonare tutto sarebbe stato una sconfitta. Ho preso una sola strada e l’ho portata avanti fino ad oggi”, ha spiegato. Le minacce vanno avanti dal 2012: “il primo anno, prima degli arresti non sapevano nulla delle denunce e cercavano di farmi cambiare idea, l’anno seguente avvennero i primi arresti”. A chiedergli il pizzo è stato anche un uomo di 73 anni: “veniva direttamente da me a chiedermi inizialmente 2000 euro al mese, il doppio per Pasqua e per Natale, ma non era la cifra, era l’atto”, ha aggiunto. Hanno minacciato anche la sua famiglia per cercare di fargli cambiare idea, “ma la linea per me era sempre una. Quando la situazione è diventata pericolosa sono stati arrestati”, ha raccontato.



NATALE GIUNTA, IL PIZZO, LE DENUNCE E LA MANCATA SCORTA

A causa delle minacce e per il fatto di aver da subito denunciato, Natale Giunta ha subito delle conseguenze importanti per la sua attività con un fatturato annuo di 2 milioni in meno. “Mi hanno fatto terra bruciata dopo essermi rifiutato di pagare il pizzo”, ha commentato. Ad un certo punto però gli è stata revocata la scorta. Qual è ora la situazione? E’ Natale a spiegare l’assurda vicenda: “Nel 2012 faccio le denunce ed arrestano cinque persone pericolose, nel 2013 mi mettono sotto scorta in tutta Italia fino al 2016. Poi ricevo una telefonata dal nucleo scorte che mi comunicano di non avere più la scorta fuori dalla Sicilia. Mando una lettera al prefetto ma non l’ha mai accolta, nel 2017 ricevo una busta con un proiettile nella mia casa. La sequestrano, la mandano ai Ris ma ancora non sappiamo niente. Nel 2018, dopo sei mesi dall’accaduto mi arriva una telefonata dove un tenente mi dice di dovermi parlare, mi annuncia che avevano terminato la tutela e chiedo la notifica ma su questo punto decidono autonomamente dicendomelo solo a voce. Chiamo gli avvocati ma mi dicono che non c’è giurisprudenza. Il prefetto non mi ha mai ricevuto, decido di fare ricorso al Tar a Roma, riassegna in via d’urgenza la tutela. Adesso sono sotto tutela solo in Sicilia ma con un provvedimento del Tar del Lazio”.

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