«Le indagini proseguono, stiamo documentando la sua vita per escludere che sia mai venuto in contatto con la vittima», spiega il comandante provinciale dei carabinieri Francesco Rizzo nella conferenza stampa in cui è stato anche spiegato il presunto movente dietro l’assurdo delitto dei Murazzi. «Il giovane era tornato a gennaio a Torino dopo un periodo trascorso in Spagna, a Ibiza, e in Marocco, dove si era recato dopo aver perso il lavoro», spiega ancora il carabiniere, salvo poi aggiungere «Quella stessa mattina ha comprato un set di coltelli di cui si e’ sbarazzato tenendone con se’ uno solo e poi, dopo l’omicidio lo ha conservato, a differenza della felpa sporca di sangue di cui si è liberato subito, perché ha detto che forse l’avrebbe di nuovo utilizzato». Secondo Rizzo il killer reo-confesso Said Machaouat avrebbe dunque potuto colpire ancora altri innocenti vittime sempre nella stessa zona vicino al Po. «La paura di poter uccidere ancora l’ha portato a costituirsi. Ha detto che non sapeva se  suicidarsi o compiere altri fatti di sangue», ha concluso il comandante dei Carabinieri in attesa di capire se il movente addotto dal reo-confesso sia confermato oppure frutto di una forte depressione ed estraniazione con la realtà. (agg. di Niccolò Magnani)



L’AVVOCATO “NESSUN MOVENTE”

L’avvocato Basilio Foti, legale di Said Mechaout, l’uomo che ha confessato l’omicidio di Stefano Leo, ha confermato che non c’è alcun movente ma al tempo stesso espresso delle perplessità sulla veridicità della confessione. «Io l’ho visto e ho sentito gli amici: deve essere folle, se è stato lui, perché non aveva nessun motivo», ha dichiarato a Chi l’ha visto. «La sua descrizione dei fatti non è logica, questo è un altro motivo di perplessità. A me non sembra proprio uno squilibrato. E poi dalla descrizione sembra un colpo da professionista, ma è inusuale il fatto che abbia colpito con la mano sinistra, essendo destrimano, ma tutto può essere». L’avvocato ha poi precisato che le sue perplessità sono solo dettate da considerazioni personali. «A naso direi che non è lui, ma credo che il Dna risolverà in maniera chiara e netta ogni dubbio». Le analisi fugheranno ogni dubbio, anche perché il 27 marocchino ha indicato ai carabinieri dove aveva nascosto il coltello, cioè in una cassetta dell’Enel, quindi sicuramente avrà lasciato delle tracce. E quindi ha riportato la confessione del suo assistito: «Si è presentato spontaneamente in Questura e ha descritto i fatti. Il pm doveva interrogarlo, quindi sono stato chiamato. Ha confessato anche al magistrato di aver commesso l’omicidio. Sembra che si inserisce abbastanza bene in quello che è il vostro racconto». E quindi ha ricostruito l’omicidio di Stefano Leo: «Ha detto che gli si è avvicinato con un coltello, a suo dire di 20 centimetri con il manico, e avrebbe tirato un colpo secco alla gola. Ha anche mimato il gesto. Nella via di fuga indicata avrebbe fatto le scale praticamente accanto a lui, un po’ più avanti. Lui era uscito dal dormitorio e ha comprato il coltello al supermercato». Anche la precisione nelle indicazioni di contorno rappresenta un elemento a favore della veridicità della confessione, anche perché – come precisa l’avvocato – potrà essere verificato tutto. «Non so se era presente alla manifestazione, ma ha detto di essere stato sofferente per giorni. Non ce la faceva più, quindi… I carabinieri comunque sostengono che sia abbastanza compatibile con l’immagine ripresa dalle telecamere». (agg. di Silvana Palazzo) QUI IL MOVENTE CHOC DELL’OMICIDIO



IL PADRE DI STEFNO LEO: “VOGLIO RISPOSTE CHIARE”

Nessun legame legava Stefano Leo al suo killer reo confesso: è stato proprio il 27enne originario del Marocco e che ieri si è recato in questura a Torino per autodenunciarsi, a riferirlo, ribadendo di non aver mai visto prima il 33enne. “Ero sposato ma mia moglie mi ha lasciato — ha detto agli inquirenti —. La mia vita fa schifo, va tutto male, ho anche litigato con gli assistenti sociali”. Queste le sue parole, come riporta Corriere.it, nel corso della confessione choc che ha portato così alla soluzione del giallo del 33enne ucciso lo scorso febbraio. “E’ una notizia che mi lascia senza fiato”, ha detto il padre della giovane vittima. “Se è lui, adesso voglio sapere perché lo ha fatto. Non capire mi uccide. Ciò che ci logora è non avere ancora risposte chiare su Stefano”, ha aggiunto Maurizio Leo dopo aver appreso del fermo del 27enne, spinto forse da un moto di coscienza. Il giovane avrebbe riferito agli inquirenti dettagli sulla vittima che solo lui avrebbe potuto sapere, conducendo anche all’arma del delitto. (Aggiornamento di Emanuela Longo)



“L’HO UCCISO PER UNO SGUARDO”

A quasi due mesi dall’omicidio di Stefano Leo, nel pomeriggio di ieri, domenica 31 marzo, ecco l’attesa svolta: un giovane 27enne si è presentato davanti al poliziotto di guardia della Questura di Torino, poco dopo le 15 confessando: “Sono io l’assassino di Stefano Leo. Sono venuto qui per costituirmi”. Inizialmente scambiato per mitomane, a distanza di poche ore emerge che in realtà starebbe dicendo la drammatica verità. Come spiega Corriere.it, il presunto killer si chiama Said Mechaout, nato in Marocco e residente a Torino. Sottoposto ad un lungo interrogatorio, il 27enne si sarebbe limitato a spiegare così il delitto: “L’ho visto, mi ha guardato e ho pensato che dovesse soffrire come sto facendo io”. Quindi ha aggiunto particolari sulle modalità di uccisione: “L’ho sgozzato con il mio coltello, venite e ve lo faccio trovare”. Quindi sono partite le ricerche dell’arma, ritrovata e sequestrata: si trovava all’interno di una cabina dell’elettricità, in Piazza d’Armi. Sarebbe quella usata per sferrare un unico colpo con il quale è stato ucciso il giovane Stefano, commesso 33enne originario di Biella e da pochi mesi residente a Torino. Il 27enne ha aggiunto di non conoscere Stefano, confermando così la pista dell’incontro casuale tra vittima e killer. Poche certezze ancora sul movente. (Aggiornamento di Emanuela Longo)

STEFANO LEO, 27ENNE CONFESSA OMICIDIO

Svolta nell’omicidio di Stefano Leo, il 34enne accoltellato a Torino il 23 febbraio nei pressi del lungo Po Machiaelli, nella zona dei Murazzi. Secondo quanto riportato dall’ansa, un 27enne italiano di origini marocchine si sarebbe costituito in Questura, dove avrebbe confessato il delitto, ed è stato fermato dagli inquirenti. Sarebbe stato dunque costui l’inafferrabile killer responsabile dell’omicidio del commesso del negozio K-Way ucciso con un fendente alla gola in pieno giorno, incurante dei tanti passanti, senza un apparente motivo. Come riportato da TgCom24, il giovane che si è costituito in Questura ha dei precedenti penali ed è stato interrogato dagli inquirenti alla presenza del suo difensore di fiducia dopo essere stato condotto dai militari dell’Arma presso gli uffici del Comando Provinciale di Via Valfrè.

SVOLTA SULL’OMICIDIO DEI MURAZZI

Resta pendente, sul caso di Stefano Leo, la domanda iniziale, quella che fin dall’inizio ha complicato non poco le indagini: qual è il movente che si cela dietro l’uccisione di questo giovane che secondo chi lo conosceva bene non aveva nemici. A questa domanda dovrà rispondere adesso il 27enne marocchino che ha confessato il delitto quest’oggi consegnandosi agli inquirenti, che in queste ore stanno proseguendo nei loro riscontri investigativi per risalire al movente del delitto e per trovare un riscontro rispetto al racconto dell’italo-marocchino. Non ci sarebbero dubbi, però, sulla veridicità del racconto dell’uomo: per intendersi, non si tratterebbe di un mitomane come quello che qualche settimana fa si era auto-accusato del delitto di Stefano Leo. Gli inquirenti, forse su indicazione dello stesso reo confesso, hanno trovato anche l’arma del delitto.