In questi giorni è rimbalzata la notizia su molti media riguardante la pericolosità della Candida auris, un micete “ascomycota lievitiforme” già conosciuto dal 2009, ma che ultimamente si è diffuso in diverse nazioni. E’ uno degli agenti che può determinare la candidosi, una delle più frequenti infezioni acquisite in ambienti ospedalieri da soggetti indeboliti da altre malattie, sottoposti a interventi chirurgici o immunocompromessi. In questi soggetti, nella sua forma invasiva la candidosi può diffondersi nel sangue, nel sistema nervoso centrale, nei reni, nel fegato, nelle ossa, nei muscoli.



Rispetto ad altri miceti preoccupa perché è risultato resistente agli antibiotici e ai principali antimicotici: basti pensare che il 90% delle infezioni dovute a Candida auris resiste a farmaci come il fluconazolo. Il Center Disease Control degli Stati Uniti ha definito la Candida auris una “grave minaccia globale per la salute” e l’European Centre for Disease Prevention and Control ha dichiarato che la Candida auris “sembra essere unica nella sua propensione a essere trasmessa tra i pazienti e causare epidemie nelle strutture sanitarie”.



Non è ancora chiara la modalità di trasmissione e nemmeno l’effettivo numero complessivo di casi occorsi, anche perché spesso la sintomatologia è sfumata, perché può causare solo febbre, dolori muscolari e affaticamento, confondendosi con malattie quali l’influenza.

Questo fungo è stato riconosciuto in focolai e infezioni nosocomiali in molti Paesi quali Giappone, Corea del Sud, India, Pakistan, Venezuela, Brasile, Sudafrica, Kuwait, Usa, Canada, Israele, Inghilterra, Spagna e casi isolati in molti altri Paesi. E’ stato osservato un tasso di mortalità particolarmente alto, variabile dal 30% al 75%, ma in molti pazienti erano presenti gravi comorbilità e pertanto ad oggi non si è in grado di stabilire il ruolo effettivo di questa Candida nel determinare i decessi.



Complessivamente, quindi, si tratta di un problema ad oggi limitato, ma le caratteristiche di questo fungo lo rendono capace di diffondersi ampiamente e quindi è necessario attuare interventi di sanità pubblica e rinforzare le attività di controllo che oggi sono possibili tramite una rete di laboratori a livello mondiale. Occorre però stimolare anche la ricerca verso nuovi farmaci antimicotici, in quanto quelli attuali cominciano a essere armi spuntate.

Importante, quindi, a livello di opinione pubblica non eccedere nell’allarmismo, ma rilanciare l’importanza di tutte quelle attività, anche a livello dei singoli, che possono ridurre la diffusione degli agenti infettivi e quindi una particolare attenzione all’igiene dell’ambiente, del proprio corpo, in primis le mani, e soprattutto un uso appropriato degli antibiotici e antifungini.