È una delle “colonne” del Me Too, femminista convinta e battagliera della “totale autonomia del corpo della donna” e per questo motivo Alyssa Milano ha voluto invitare tutti i suoi followers sui social a condividere nuove storie personali sull’aborto per «far capire alla politica corrotta dello stato repubblicano l’importanza per la donna di poter decidere del proprio corpo”. Nel podcast “Sorry Not Sorry” l’ex protagonista di Streghe si schiera con la stragrande maggioranza di Hollywood nell’attaccare i movimenti pro-Life e le leggi di “revisione” dell’aborto in alcuni stati americani. «Se desideri condividere la tua storia di aborto personale sul mio podcast per contribuire a far luce sull’importanza dell’autonomia del corpo, ti preghiamo di registrare la storia sulla tua app per memo vocali e inviarla via email all’indirizzo sottostante. Se desideri rimanere anonimo, dillo nella tua email. #SorryNotSorry», scrive la Milano sui propri social. Si aspettava numerose storie pro-choice – e infatti sono arrivate – ma quello che forse non si sarebbe mai immaginata è una vera e propria invasione di testimonianze e storie di persone normalissime (dunque non di attori o attrici strapagate che vivono nel lusso più sfrenato e si permettono di fare la morale con i corpi degli altri, ndr) che davanti al dramma dell’aborto hanno vissuto la bellezza di far nascere una nuova vita.



LE REPLICHE DEI SOCIAL ALLA “RICHIESTA” DI ALYSSA MILANO

Senza insulti ad Alyssa Milano ma solo con il desiderio di voler raccontare che spesso “l’autonomia del corpo della donna” rischia di sovrastare un’altra autonomia e diritto, quello del bimbo in pancia: «Mia madre era una madre single, non sposata, figlia di un predicatore pentecostale, con una rara malattia del sangue e che lavorava in un lavoro di fabbrica a basso salario. È stata incoraggiata ad abortire, ha detto che lei e io saremmo morti. Ha scelto la vita ora sono la sua badante», scrive una utente su Twitter. Subito un’altra, «Mia nonna stava per abortire mia madre, ma ha cambiato idea all’ultimo minuto. Per fortuna questo significa che mia madre, i miei due fratelli e me stesso, e i miei due figli devono nascere tutti». Come ben testimonia il portale Usa Churchpop, un’altra madre ha voluto replicare alla provocazione della Milano: «Sono andata a una clinica per aborti ogni giorno per oltre un mese … non potevo farlo! Grazie a Dio non l’ho fatto perché la mia bellissima figlia è uno dei miei più grandi doni al mondo!». Ci sono anche storie di chi l’aborto lo ha fatto ma non ha avuto in seguito la “liberazione” professata da Alyssa Milano e altre “eroine” del MeToo: «Ho avuto un aborto all’età di 23 anni. Ho perso il prezioso dono che ho scelto di rinunciare. Sono grato per la grazia e il perdono di Dio e per aver allevato il mio prezioso bambino in paradiso. Andrò a vedere mio figlio quando arrivo in paradiso. Che giornata meravigliosa che sarà». Da ultimo, un tweet più di tutti colpisce perché senza alcuna remora descrivere il dramma di una scelta abortista dall’inizio alla fine senza condannare la Milano ma provando ad offrire uno spunto più originale: «Vorrei raccontare la mia storia, ma non la useresti mai. È stata un’esperienza orribile. Planned Parenthood aveva letti in una grande stanza con secchi di sangue e neonati mutilati. Decenni dopo, mi fa ancora piangere sapendo che ho ucciso mio figlio. In seguito è stata necessaria molta terapia. Bello, eh». La vita meglio della morte, potrebbe essere lo slogan di chi ha deciso di “seguire” la proposta dell’attrice in maniera del tutto inaspettata..

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