Qatar Papers di Christian Chesnot e Georges Malbrunot è un libro-inchiesta che denuncia il sostegno finanziario e politico degli emiri di Doha all’avanzata dell’agenda fondamentalista dei Fratelli musulmani in Europa.
Prende le mosse dal ritrovamento, a breve distanza dagli attacchi terroristici dell’11 settembre, del cosiddetto “Progetto” nella dimora svizzera di Yusuf Nada, banchiere egiziano ed esponente di spicco della Fratellanza, sotto inchiesta con l’accusa di essere tra i finanziatori di Al Qaeda. Il documento risale al 1982, ma dopo la sua scoperta non è mai stato reso pubblico. A illustrarne i contenuti in un libro è stato il giornalista franco-svizzero Sylvain Besson nel 2005. Oggi, Qatar Papers illustra qual è stato lo sviluppo concreto del disegno espansionistico del Qatar e dei Fratelli musulmani, suonando un campanello d’allarme ormai ineludibile per le classi dirigenti di tutta Europa, chiamate all’azione per fermare una volta per tutte le forze dell’estremismo.
Gli autori di Qatar Papers, Chesnot e Malbrunot, hanno consultato documenti interni e confidenziali riconducibili alla “Qatar Charity”, che dimostrano come il braccio “armato” caritatevole del regime del clan Al Thani abbia finanziato in Francia, Italia, Germania, Svizzera, Gran Bretagna, Balcani e ovunque nel resto d’Europa numerose moschee, associazioni, centri culturali, case editrici e istituti scolastici legati ai Fratelli musulmani, con l’obiettivo di svolgere attività di proselitismo e trasformare i fedeli in militanti fondamentalisti. I due giornalisti riportano i testi integrali di corrispondenze dove gli stessi esponenti della “Qatar Charity” fanno menzione dei lauti finanziamenti elargiti. E se anche questo dovesse non bastare a convincere gli scettici, vengono pubblicate le evidenze di pagamento.
I Qatar Papers descrivono paese per paese i principali progetti finanziati dalla “Qatar Charity”, dedicando un più ampio spazio al caso francese. Ma ad assumere una particolare rilevanza nel quadro del libro è il capitolo sull’Italia, per la centralità che Roma riveste nei piani del Qatar e della Fratellanza. A spiegarlo a chiare lettere e senza ritenzione alcuna, è l’architetto ideologico del progetto di conquista, lo Sheikh egiziano Yusuf Al Qaradawi, il leader spirituale dei Fratelli musulmani di tutto il mondo, trattato con venerazione dagli emiri del clan Al Thani. Il capitolo si apre appunto con le dichiarazioni scioccanti rilasciate da Al Qaradawi nel 2007, guarda caso dai teleschermi di Al Jazeera, il braccio “armato” mediatico del progetto di conquista:
“La conquista di Roma, la conquista dell’Italia e dell’Europa, significa che l’Islam tornerà in Europa ancora una volta […] La conquista si farà con la guerra? No, non è necessario. C’è una conquista pacifica […] prevedo che l’Islam tornerà in Europa senza ricorrere alla spada. [La conquista] si farà attraverso la predicazione e le idee”.
Parole inquietanti, ancor più perché è quel che sta accadendo realmente senza che il Qatar e i Fratelli musulmani incontrino opposizione alcuna da parte dei governi europei, men che meno da parte di quelli italiani. In Italia la classe dirigente, con pochissime eccezioni, sembra essersi fatta spontaneamente strumento della “colonizzazione dolce” prevista da Al Qaradawi, condannando però il paese alla diffusione da nord a sud del fondamentalismo dei Fratelli musulmani.
La famosa ultima cena al Quirinale dello scorso novembre in onore dell’emiro Tamim Al Thani e i continui “pellegrinaggi” a Doha di ministri, parlamentari, primi ministri e primi cittadini, sono il frutto di un processo che nel corso dell’ultimo decennio ha visto la “Qatar Investment Authority”, il braccio “armato” finanziario del progetto di conquista, effettuare una massiccia campagna acquisti in Italia, comprando tutto e tutti, inclusa la compiacenza della classe dirigente verso i finanziamenti della “Qatar Charity” alle numerose associazioni che fanno capo all’Unione delle Comunità Islamiche in Italia (Ucoii), vale a dire ai Fratelli musulmani basati e radicati in territorio italiano.
L’Italia si è dimostrata terreno tanto fertile e promettente per il proselitismo della Fratellanza da essere il paese in Europa dove la “Qatar Charity” ha deciso d’investire nel maggior numero di progetti: nel 2013 e 2014, secondo Qatar Papers, erano 45 in totale, per un valore di 50 milioni di euro, come confermato da email, copie dei versamenti bancari e dalle ammissioni dei diretti interessati, intervistati da Chesnot e Malbrunot nel corso del lavoro d’inchiesta svolto direttamente nei luoghi della conquista. Persino l’ex presidente dell’Ucoii e imam di Firenze, Izzeddin Elzir, ha ammesso di fronte all’incalzare dei due giornalisti il fatto che la “Qatar Charity” sia il grande banchiere dei Fratelli musulmani in Italia.
Grande attenzione è riservata al nord del paese. Torino, Verona, Brescia, Vicenza, Lecco, Saronno, Piacenza, Alessandria, Mirandola: centinaia di migliaia di euro piovuti su ogni città, diretti nelle casse di enti affiliati all’Ucoii. Una menzione particolare merita il caso di Milano. Con una lettera di raccomandazione risalente al 2015, Al Qaradawi sollecitava la “Qatar Charity” a offrire supporto finanziario al Caim, il Coordinamento Associazioni Islamiche di Milano e Monza e Brianza, nelle persone di Yassine Braday e Davide Piccardo.
Quest’ultimo è figlio di Hamza Piccardo, già segretario generale dell’Ucoii e molto vicino a partiti della sinistra italiana. I legami con la sinistra, insieme all’ideologia dei Fratelli musulmani, sono stati ereditati dal figlio, che è l’interlocutore privilegiato delle amministrazioni milanesi targate Pd. Legata al Caim è pure Sumaya Abdel Qader, volto femminile della Fratellanza e consigliere Pd al comune di Milano orgogliosamente velata. A Piccardo la sinistra ha dato spazio anche sull’Huffington Post, con un blog personale dove si vanta di essere membro dal 2005 “del European Muslim Network presieduto da Tariq Ramadan”, ideologo di punta dei Fratelli musulmani in Europa, stipendiato molto generosamente dalla “Qatar Charity” mentre era in carcere in Francia con l’accusa di stupro. Gli euro mensili erano 35mila, rivela Qatar Papers.
Non tutte le operazioni congegnate dalla “Qatar Charity” e dall’Ucoii nel milanese sono andate però a buon fine. Lo stop alla costruzione della moschea di Sesto San Giovanni, cittadina di 80mila abitanti, brucia ancora ai Fratelli musulmani ed è valso da parte di Elzir l’epiteto spregiativo di “populista” al sindaco leghista Roberto Di Stefano. La colpa di Di Stefano è stata quella di aver posto il veto alla realizzazione di un progetto rispondente a chiare ambizioni di proselitismo fondamentalista, che le precedenti giunte di sinistra avevano naturalmente avallato.
(1 – continua)