Li abbiamo chiamati “la banda spaccaossa”, quei 42 “macellai” ma anche medici, terapisti, agenti anti infortunistica, avvocati, che hanno truffato le assicurazioni inscenando incidenti ma mutilando davvero poveracci compiacenti che si sono lasciati fratturare (in un caso addirittura uccidere) per pochi spiccioli. Utilizzando quella sintesi giornalistica che ci hanno insegnato fin dall’inizio della carriera, abbiamo affibbiato una etichetta “truce” ma efficace a questi approfittatori che si sono arricchiti alle spalle delle assicurazioni ma anche e soprattutto di quei “poveracci”.



Delle loro malefatte abbiamo raccontato, nei mesi, i dettagli più raccapriccianti ben sapendo che avremmo colpito l’immaginario collettivo. Parole forti che quasi fanno sentire il “rumore” delle ossa che si rompono sotto i colpi di mattone. Noi giornalisti scrivendo, i nostri lettori informandosi, ciascuno nel proprio ruolo abbiamo quasi sentito il dolore inflitto. Ma  quanti di noi, giornalisti e lettori, si sono soffermati sul perché di questa barbarie? Non sul motivo più semplice è immediato ovvero il denaro truffato alle assicurazioni. Sul motivo più vero e recondito?



Qualcuno lo avrà fatto certamente, molti altri no. Perché guardare in faccia lo spaccato che emerge da questa inchiesta della Procura di Palermo è sconfortante, indecente, rappresenta il fallimento di tutti noi, del nostro modello sociale. In fondo pensare che alla fine sono solo criminali è, forse, la cosa più facile e tranquillizzante.

Be’ in questa storia di criminali ce ne sono davvero tanti e di diversa natura. Ci sono i “macellai spaccaossa”, quelli che, senza battere ciglio, avevano il compito di reclutare poveracci compiacenti e spaccare loro braccia, gambe, spalle a colpi di mattoni. Sofferenze inflitte a volte con l’ausilio di una droga per sopportare, a volte senza neanche quella. Persone prive della minima empatia, in grado di lasciare sul ciglio della strada uno di questi poveretti morto di infarto a causa del troppo dolore.



Ma ci sono anche criminali dal volto meno “bestiale” eppure, forse, peggiori di questi. Quei professionisti che fingevano le cure, certificavano il danno fisico, imbastivano cause sapendo che stavano truffando, almeno in base alle accuse. Persone che avevano giurato di curare e mai arrecare danno e che quel giuramento hanno tradito. Questi sono i criminali.

Ma accanto a loro ci sono centinaia di indagati che non si sa se definire, piuttosto, vittime. Perché deve esserci una disperazione infinita nella mente e nel cuore di un uomo che sceglie di farsi menomare per qualche soldo, di farsi infliggere dolori incredibili, di rischiare di rimanere ucciso e spesso storpio.

Accanto, o forse dietro, agli approfittatori che si sono arricchiti (la Finanza ha già sequestrato beni per mezzo milione di euro e la caccia ai proventi illeciti è appena iniziata) ci sono persone che hanno subito pene infinite per qualche centinaio di euro. Hanno truffato anche loro, sia chiaro. Ma dietro questa scelta c’è un annichilimento della persona umana, del diritto alla salute, del diritto alla vita, del diritto sociale che ci dice quanto davvero questa società stia andando a rotoli, quanto lo stato sociale non funzioni più, quanto chi governa dovrebbe curarsi di queste fasce di degrado e quanto tutti noi dovremmo smettere di voltarci dall’altro lato per non vedere la fame e non sentirne la “puzza”, tacciando tutto come semplice “criminalità”.

Manlio Viola è direttore di blogsicilia