Due “talpe” tra i Carabinieri e anche l’ex sindaco di Castelvetrano: sono in totale tre le persone arrestate nelle ultime ore a seguito di una indagine condotta dalla DIA di Palermo in merito alla latitanza del superboss Matteo Messina Denaro. A finire in manette sono finiti proprio un colonnello della Dia e un appuntato, accusati di aver passato notizie riservate a un mafioso catanese che sarebbe a sua volta in stretto contatto col latitante più ricercato d’Italia e non solo. Insomma si comincia a far luce anche tra gli uomini dello Stato sulle connivenze che da anni oramai consentono a Messina Denaro di sottrarsi ai radar delle forze dell’ordine. Al momento sia Marco Zappalà, tenente colonnello dei Carabinieri, spesso elogiato dai suoi colleghi per il lavoro svolto, sia Giuseppe Barcellona, appuntato dell’Arma in servizio presso la compagnia di Castelvetrano, sono in carcere per favoreggiamento alla mafia e per accesso abusivo al sistema informatico interno: in particolare Barcellona, ex appartenente al Ros, avrebbe fatto accesso al sistema fotografando i verbali di una trascrizione registrata tra due indagati che parlavano della famiglia mafiosa di Castelvetrano che, come è noto, è anche il comune di origine di Messina Denaro. (agg. di R. G. Flore)



COSI’ AVVENIVA IL PASSAGGIO DELLE INFORMAZIONI

Due arresti avvenuti quest’oggi dalla Dia di Palermo, nell’ambito delle indagini riguardanti il super boss Mattia Messina Denaro. In manette con l’accusa di favoreggiamento aggravato e accesso abusivo al sistema informatico, il tenente colonnello Marco Zappalà, ufficiale dei carabinieri in servizio alla Dia di Caltanissetta, e Giuseppe Barcellona, appuntato dei carabinieri in servizio a Castelvetrano. Arrestato anche l’ex sindaco di Castelvetrano, Antonio Vaccarino, figura ritenuta in passato molto vicina proprio al numero di Cosa Nostra. Vaccarino consegnava le informazioni ricevute da Zappalà, che a sua volta le otteneva da Giuseppe Barcellona. Quest’ultimo trascriveva le intercettazioni telefoniche e ambientali su richiesta della procura di Palermo, e proprio in questo ambito i due militari dell’arma si sarebbero scambiati diverse informazioni, per poi consegnarle all’ex primo cittadino di Castelvetrano. Nel dettaglio, Zappalà avrebbe inviato degli screenshot di conversazioni appena trascritte fra due soggetti sotto indagine, riguardanti la ricerca di Messina Denaro. Pare che Zappalà fosse in buona fede, visto che avrebbe raccolto delle info sul boss ai fini della sua cattura, ma per farlo avrebbe di fatto rivelato delle notizie delicate. Domani mattina si terranno gli interrogatori di garanzia. (aggiornamento di Davide Giancristofaro)



MESSINA DENARO: SCAMBIO DI INFORMAZIONI RISERVATE, 3 ARRESTI

E’ chiaro ormai a tutti che se Matteo Messina Denaro è riuscito a sfuggire alla cattura in questi anni lo deve anche all’esercito di “talpe” che hanno minato dall’interno gli sforzi dello Stato per assicurare il capomafia alla giustizia. Di questi “infiltrati” farebbero parte anche degli insospettabili, due investigatori accusati di aver passato notizie riservate a un mafioso trapanese al soldo del super-latitante. Si tratta del tenente colonnello Marco Zappalà, ufficiale dei carabinieri in servizio alla Direzione investigativa antimafia di Caltanissetta, e di Giuseppe Barcellona, appuntato dell’Arma che lavora alla Compagnia di Castelvetrano, propri la città della primula rossa di Cosa nostra. Come riportato da La Repubblica, a mettere le manette ai polsi di Zappalà, ritenuto fino a ieri uno degli investigatori più fidati dell’antimafia al punto di essersi occupato anche di indagini riservate sulle stragi Falcone e Borsellino, sono stati stamattina i suoi colleghi della Dia di Palermo. Lo stesso Barcellona non era estraneo ad indagini antimafia: seguiva alcune delicate intercettazioni disposte dalla procura di Palermo, di cui una svelata in tempo reale ai clan.



“HANNO SVELATO UN’INDAGINE SU MESSINA DENARO”

Ma quelli di Zappalà e Barcellona non sono gli unici arresti ordinati dal gip Piergiorgio Morosini, che ha emesso un’ordinanza di custodia cautelare, accogliendo la ricostruzione dei sostituti procuratori Pierangelo Padova e Francesca Dessì in seguito alle indagini dei carabinieri del Ros, con il procuratore capo di Palermo Francesco Lo Voi e l’aggiunto Paolo Guido che contestano le accuse di rivelazione di notizie riservate, favoreggiamento e accesso abusivo a un sistema informatico. In manette è finito anche l’ex sindaco di Castelvetrano, Antonio Vaccarino, già condannato per traffico di droga e poi diventato un confidente dei servizi segreti. L’ex primo cittadino, che Matteo Messina Denaro in persona ribattezzò “Svetonio”, in passato aveva intrattenuto una corrispondenza fatta di pizzini con il capomafia: quando venne intercettato per caso nel corso delle indagini sul boss, disse che lo aveva fatto “per provare a giungere alla sua cattura”. I magistrati di Palermo lo indagarono per concorso esterno in associazione mafiosa ma i servizi segreti confermarono:”E’ un nostro infiltrato”. Ma Antonio Vaccarino lavorava davvero per lo Stato o faceva il doppio gioco per accreditarsi come interlocutore di Messina Denaro? Quel che è certo è che il boss risulta ancora imprendibile: le collusioni e gli appoggi di cui può vantare anche all’interno delle squadre che gli danno la caccia sono uno dei motivi spiegano in buona parte perché.