Nuovo colpo di scena nell’ambito dell’inchiesta sui depistaggi innescati dopo la morte di Stefano Cucchi, il giovane geometra romano arrestato per droga il 15 ottobre 2009 e deceduto dopo una settimana all’ospedale Pertini. La sua morte, secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, sarebbe dovuta ad un violento pestaggio. Ora, la procura di Roma ha avanzato la richiesta di rinvio a giudizio per gli otto carabinieri indagati ed accusati, tra le altre cose, dei reati di falso, omessa denuncia, favoreggiamento e calunnia. Come spiega Il Fatto Quotidiano online nel riportare la notizia, la richiesta di processo ha coinvolto anche il generale Alessandro Casarsa, all’epoca dei fatti capo del Gruppo Roma, e il colonnello Lorenzo Sabatino, già capo del Nucleo operativo di Roma. L’inchiesta sui depistaggi era stata chiusa lo scorso 19 marzo e il pm Giovanni Musarò aveva intravisto una sorta di “strategia” nelle azioni condotte dai militari dell’Arma. A processo sono già finiti cinque militari, ovvero Alessio Di Bernardo, Raffaele D’Alessandro, Francesco Tedesco (accusati di omicidio preterintenzionale), Roberto Mandolini (accusato di calunnia e falso) e Vincenzo Nicolardi (accusato di calunnia).
CUCCHI, DEPISTAGGI: CARABINIERI COINVOLTI NELL’INCHIESTA
A rischiare ora il processo nell’ambito dell’inchiesta sui depistaggi per la morte di Stefano Cucchi, oltre ai due ufficiali ci sarebbero anche Francesco Cavallo – all’epoca dei fatti tenente colonnello e capo ufficio del comando del Gruppo Roma -, Luciano Soligo (all’epoca maggiore dell’Arma e comandante della compagnia Roma Montesacro), Massimiliano Colombo Labriola (all’epoca comandante della stazione di Tor Sapienza), Francesco Di Sano (all’epoca in servizio alla stazione di Tor Sapienza), Tiziano Testarmata (comandante del nucleo investigativo dei Carabinieri) e il carabiniere Luca De Cianni. Quest’ultimo è colui che aveva accusato il carabiniere testimone Riccardo Casamassima che ha permesso la riapertura delle indagini. Dal generale Casarsa, secondo quanto emerso dagli inquirenti, era partito l’ordine di falsificare le annotazioni sullo stato di salute di Cucchi. La procura capitolina, in particolare, contesta al generale, a Cavallo, a Di Sano, a Colombo Labriola e Soligo, il reato di falso ideologico. Secondo i pm, gli indagati “avrebbero attestato il falso in una annotazione di servizio, datata 26 ottobre 2009, relativamente alle condizioni di salute di Cucchi”. Il falso fu confezionato “con l’aggravante di volere procurare l’impunità dei carabinieri della stazione Appia responsabili di avere cagionato a Cucchi le lesioni che nei giorni successivi gli determinarono il decesso”.