Ci sarà anche la Apple a partecipare alle varie donazioni per la ricostruzione della Cattedrale, come confermato nelle scorse ore dal CEO Tim Cook su Twitter: «siamo affranti per il popolo francese e per tutto il mondo per il quale Notre Dame è un simbolo di speranza. Sono sollevato che tutti siano al sicuro. Apple farà donazioni per gli sforzi della ricostruzione e per contribuire a ripristinare il prezioso patrimonio di Notre Dame per le generazioni future». Nel frattempo, ieri migliaia di persone si sono date appuntamento alla Messa Crismale nella Chiesa di Saint-Sulpice a due giorni dall’incendio di Notre Dame: l’arcivescovo di Parigi, Mons Aupertit ha celebrato commosso davanti a tanti fedeli, ricordando come il fulcro di tutto sarà ancora una volta la resurrezione. Già ieri rispondendo a diverse interviste, il prelato spiegava «Bisogna ricordare perchè stata costruita la cattedrale di NotreDame. È stata costruita per un pezzo di pane che noi crediamo sia il corpo di Cristo. Questo ha mosso una collettività a costruire Notre Dame: la fede nel Signore, non per incentivare il turismo». Nell’omelia ha poi anche aggiunto «La cattedrale è in parte caduta. La cattedrale rivivrà. Rinascerà. Siamo nella Settimana Santa, la settimana in cui celebriamo la morte e la resurrezione di Cristo. Crediamo alla Resurrezione. Ma crediamo anche a tutto ciò che il Signore ha fatto per noi. La cattedrale rivivrà. Ne sono sicuro».
L’INCENDIO E LA RICOSTRUZIONE
Il Presidente della Repubblica di Francia, Emmanuel Macron, è convinto che ci vorranno “solo” 5 anni per ricostruire la Cattedrale di Notre Dame anche se stuoli di studiosi e architetti consigliano maggior “prudenza” ed estendono a 10 anni la tempistica ideale per poter rimettere in piedi il tetto e l’intera struttura (guglia compresa) crollate del tutto durante il maxi incendio di lunedì sera. Il problema è che al momento si trovano tutt’altro che d’accordo su come far ripartire tali lavori e quale “look” soprattutto conferire alla “nuova” Notre Dame. Intendiamoci, già la Cattedrale francese era un incontro di più stili per la ricostruzione di alcune parti avvenuti nei secoli, dal XIV fino al XIX con le ultime lavorazioni frutto dell’appello-denuncia fatta da Victor Hugo nel suo romanzo “Notre Dame di Paris” (la storia di Quasimodo, ndr). Sulla guglia già Macron ha dato il suo “parere” sulla necessità di inserire un “gesto architettonico contemporaneo” ma non tutti sono d’accordo. Anzi: il pronipote di Eugène Viollet-le-Duc, Jean-Marie Henriquet ha rilanciato, «La guglia era bellissima e sarebbe davvero un peccato non ricostruirla, significherebbe amputare la cattedrale. Anche la charpente – le capriate di legno del Trecento diventate carbone – non potrà probabilmente essere replicata».
NOTRE DAME, IL PIANO DEL SINDACO DI PARIGI
Conservatori (antichisti) contro gli innovatori contemporanei, anche sullo stile della “nuova” Notre Dame la lite e la distanza in Francia non sembra calare: serviranno settimane, forse mesi per stabilire il progetto, stanziare i fondi e far partire definitivamente i lavori. Parigi e il mondo lo chiede, la commozione di tanti nel vedere quella Cattedrale ferita potrebbe essere però la spinta giusta per lasciar da parte le divisioni e ripartire con una linea comune anche se non sarà facile: la sindaca Anne Hidalgo ha lanciato l’idea di riaprire Notre-Dame in tempo per l’Olimpiade di Parigi del 2024 e per poterci riuscire Macron ha aggirato come responsabile unico dei lavori il generale Jean-Louis Georgelin, per 42 anni nell’esercito e capo di Stato maggiore dal 2006 al 2010. «Cinque anni sono troppo pochi», ripete Frédéric Létoffé, il presidente del Gruppo delle imprese di restauro dei monumenti storici (GMH). «Ci sono tempi che non possono essere compressi, per esempio l’asciugatura della struttura che potrà prendere alcuni mesi. Anche per la messa in sicurezza ci vorranno mesi e altri sei o sette serviranno per una diagnosi completa e affidabile delle condizioni in cui versa la cattedrale», rilancia ancora Létoffé. Intanto il Governo ha varato la legge di “colletta nazionale” per poter lanciare norme speciali per le donazioni: come spiega il Messaggero, «versamenti inferiori ai mille euro beneficeranno di uno sgravio fiscale eccezionale del 75 per cento. Per i mecenati più ricchi e più generosi, invece, resteranno in vigore le norme abituali sulle donazioni, che prevedono comunque abbattimenti del 66 per cento».