Il Venerdì Santo se n’è andato coi piedi sporchi: proprio Lui che aveva pulito i piedi sporchi degli amici. Nella stanza del cenacolo erano tutti maschi, di sana e robusta costituzione: nessuno di loro, però, si alzò a ricambiare quella finezza d’uomo. Nessuno si accorse che Dio – mai era accaduto prima – stava supplicando aiuto all’uomo per tenere in vita Dio. Fu così: “Il cervo è dato ai denti dei cani” (F. Mauriac). Nel cenacolo, prima che fuori, Cristo iniziò a morire: non mancò più tanto agli amici come, forse, s’aspettava di mancare. A tradirlo ufficialmente fu Giuda, con l’armatura di un bacio. A tradirlo spiritualmente fu la restante ciurma che s’addormentò: “Perché dormite?” (Lc 22,46). Il Padre lontano, gli amici in letargo: il Figlio dell’Uomo è un vagabondo alla ricerca d’un cuore. La geografia dei suoi passi è una scalata di sesto grado: Getsemani, sinedrio, pretorio, litostroto. Calvario: “Breve è la via per la quale s’inoltra, soffocato dalla calca, trascinato dai soldati” (F. Mauriac). A morte!



L’hanno lasciato solo, tutto solo, a salire sulla gobba del Calvario: fece sua la prima via crucis, la prima d’infinite altre che altri patiranno pur di non tacere lo stupore d’averlo incontrato.

Verso la cima – tutta intrisa di sputi, schiamazzi, saliva, insulti – si snoda una divina processione. Sono in tantissimi a seguirlo, mancano tutti loro, però: gli amici ghiri, in letargo. Riappaiono loro, invece: le donne che, fino a poc’anzi, s’erano tenute discoste dal condannato: “Lo seguiva una gran folla di popolo e di donne che si battevano il petto e facevano lamenti su di lui” (Lc 23,27).



Simon-Pietro è latitante, Giuda sta correndo come un dannato verso il tombino. All’appello ne mancano undici, tutti: si sono presi un giorno di vacanza, hanno deciso in gruppo di far sciopero contro l’amore. Sullo sfondo si staglia una croce: pare troppo, anche per braccia nerborute, muscolose come quelli dei pescatori. Quella Croce è annunciazione di tradimento: “L’Uomo, il vostro, è stato un malandrino. Fuggite, finché potete”. Le donne, invece, stanno lì, ancora sulla breccia, fisse a stanarlo tra la folla: a fissarne il volto, regolarne il respiro, fare strada con Lui. Nessuna, nessuno, trova il coraggio d’avvicinarlo, i consigli avversi remano contro: “Lasciatelo in pace, gli spezzate il ritmo, non vuol gente attorno”.



Tutto come quand’era in vita, quand’era solo pure in mezzo ad un mondo che gli faceva ressa intorno. Anche allora tutti lo pensavano esausto mentre Lui, in realtà, mendicava una spalla cui poggiarsi: “Non lo chiamo altrimenti lo disturbo, ha sempre un sacco di gente attorno, non riesco mai a beccarlo da solo”. La più sprovveduta: “Non dite che soffre di solitudine uno così?” È di solitudine, invece, che soffre quell’Uomo.

Non può essere che una donna abbia resistito al desiderio di asciugare quell’orribile faccia.

È la sesta tappa della via crucis, ch’è una mattanza di stress, di vergogna: “La Veronica asciuga il volto di Gesù”. Nessuno degli evangelisti la ricorda, manco del gesto han scritto parole. È una delle pie donne al seguito del Pio, il gesto è arrivato per traiettoria popolare, un mix di devozione, affetto. Passerà alla storia per quel gesto, si confessò con quel suo gesto: “Il tuo volto, Signore, io cerco – recita il salmista –. Non nascondermi il tuo volto” (Sal 26).

L’ha cercato per tutta la vita quel Volto: quando l’ha trovato sfigurato, non ha trovato di meglio che carezzarglielo con la dolcezza d’un panno, di alleviarne il dolore con dita protette dalla stoffa. Chi è Veronica? “Non ne so nulla, né voglio saperne di più di quello che vedo guardando il quadro della VI stazione – scrive don Primo Mazzolari –. Le più belle vite sono a volte raccolte in un gesto, consumate in un attimo. Il prima e il dopo quasi non importano”.

Hanno spremuto l’arancia: è fuoriuscita la spremuta. Hanno torchiato l’oliva: s’è fatto l’olio. Han pestato Cristo: è sgorgata l’acqua di una lacrima. E in quella lacrima giaceva succo-di-vita. Una donna, sola, s’accorse: e corse perché quelle lacrime non andassero perdute. Le asciugò, rimarranno stampate a memoria di chi, con gesti d’amore, farà sentire il Cristo meno solo in guerra. Nella guerra contro l’Insulso.

Ci sono attimi, e son tremendi, in cui è Dio a chiedere aiuto: addormentarsi sarà (ri)mangiarsi le unghie. Esserci è non arrossire d’offrire a Cristo un fazzoletto, di consumare la vita in un attimo.