Si può parlare di qualcosa o di qualcuno senza averne una conoscenza profonda? Sì, se si crede alle prime impressioni. Oscar Wilde diceva che solo le persone superficiali non giudicano dalle apparenze, e aveva ragione. A poche ore da quando è stata resa nota, non si può avere una conoscenza approfondita dell’Esortazione apostolica Christus Vivit ma di certo si può dire che fa simpatia.
È un’esortazione dedicata ai giovani dopo il sinodo dello scorso anno, e il Papa sceglie un titolo semplice ed incisivo: “Christus vivit”. Il vescovo di Roma propone ai giovani “quasi un’alleanza” fondata su un rapporto con la Chiesa integrale, autentico e pieno di verità.
Il nucleo dell’esortazione è che Cristo è vivo e ci vuole vivi: innegabile un invito ai giovani ad una maggiore partecipazione, ad un nuovo attivismo non ideologico ma ricco delle migliori energie e dell’entusiasmo propri dei giovani per creare un mondo migliore. Lo stile del Papa è sempre il medesimo con tutti ed in particolare con i giovani. Lo sottolinea il cardinal Baldisseri che identifica in Francesco una modalità comunicativa fatta “di prossimità, franchezza, semplicità, tenerezza e simpatia”. E tra questi giovani – come precisato da Bergoglio – “non ci sono solo i credenti, ma anche i non credenti, coloro che non si riconoscono in Gesù Cristo e nella sua Chiesa, ma sono comunque in ricerca” tenendo così sempre fermo “il principio di una pastorale inclusiva, cioè capace di accogliere tutti, superando ogni forma di elitarismo”.
Emerge la volontà di fare uno sforzo comune per agire qui ed ora ed è per questo che i giovani non vengono definiti futuro della Chiesa, ma “presente della Chiesa”.
Fondamentale, poi, mi sembra, un aspetto nuovo: per i giovani non si parla solo di formazione, di catechismo, ma innanzi tutto di comunità, nella convinzione che stare insieme “ut unum sint” sia già presenza di Dio. È noto quanto i giovani siano affascinati dal gruppo, che è la nuova famiglia di quando escono dalla famiglia. Il Papa suggerisce che quando il vangelo è presentato bene, quando è preso come risposta a una chiamata di Gesù – perché il Battesimo già di per sé è vocazione – allora nasce una comunione di cuori con altri. La santità non è mai individuale, è sempre comunitaria. Non per costruire un gruppo chiuso, di iniziati, ma per edificare una comunione di amore che si apre a tutti.
Per questo gli ambiti in cui agire sono tantissimi: dall’ambiente digitale ai migranti, fino a giungere alla questione dolorosa degli abusi su minori. Così, in particolare, Papa Francesco “chiede la collaborazione dei giovani anche in relazione al raccapricciante fenomeno degli abusi sessuali su minori, innanzitutto attraverso un’attenta vigilanza”. Una vigilanza che sia tinta anche di comprensione, di volontà di risollevare, chi dovesse aver sbagliato e peccato in un ambito così delicato, garantendo sempre giustizia e chiarezza in primo luogo alle vittime.
Il Papa usa “parole molto chiare nell’assumere il punto di vista, lo sguardo largo dei giovani, che da un lato non vogliono vedere una Chiesa silenziosa e timida, ma nemmeno sempre in guerra per due o tre temi che la ossessionano; e dall’altro chiedono a loro volta di essere guardati, compresi, nella loro complessa interezza”. Che è fatta “di sogni, di ideali, di drammi di sofferenze” e hanno bisogno quindi di una Chiesa capace di declinare la complessità. Perché, accanto a vocazioni più impegnate ed ascetiche o intellettuali, esistono anche strade di donazione semplici come quello dello sport, della scuola, della vita in famiglia, dell’amicizia, del divertimento, tutte modalità che, immerse nella Grazia, sono capaci di veicolare quella vita che Gesù dona nella storia e proietta nell’eternità.