Anche Papa Francesco ha voluto mandare un messaggio alla popolazione de L’Aquila, in occasione del decennale del terremoto del 2009. In una lettera rivolta a tutti gli aquilani il Santo Padre assicura «Viva partecipazione per il faticoso cammino che vi impegna a ricostruire bene, rapidamente e in maniera condivisa gli edifici pubblici e privati, come anche le chiese e le strutture aggregative». Ma il Pontefice non si limiterà alle sole parole visto che il prossimo 16 giugno sarà in visita proprio nelle zone terremotate della diocesi di Camerino-San Severino Marche. Numerose le iniziative commemorative in programma in questi giorni, come la fiaccolata che è avvenuta ieri notte, alle ore 3:32, l’ora in cui la terrà tremò 10 anni fa. Presente anche il presidente del consiglio Giuseppe Conte, che ha parlato di «Una ferita di una comunità locale che è una ferita della comunità nazionale. Sono passati 10 anni dal sisma de L’Aquila – ha aggiunto sui social il premier – e ancora oggi abbiamo il dovere della memoria: tanti hanno perso persone care, in molti continuano a soffrire a tutti loro, in questa giornata di ricordo, mi stringo con un caloroso, sentito abbraccio». (aggiornamento di Davide Giancristofaro)
L’AQUILA, IL TERREMOTO 10 ANNI DOPO
A 10 anni dal terribile terremoto dell’Aquila che uccise 309 persone, arriva il messaggio del presidente della repubblica. Parole di cordoglio quelle di Sergio Mattarella, ma anche di vicinanza, solidarietà e ottimismo: «Sono trascorsi dieci anni da quel tragico 6 aprile – scrive – che sconvolse l’aquila: il terremoto provocò morte e distruzioni, colpì al cuore l’intero paese, lasciò segni profondi e dolorosi che il tempo e l’impegno umano hanno in parte lenito ma mai potranno cancellare. Nel giorno del decennale il primo pensiero va alle vittime, al lutto straziante dei familiari, ai tanti sfollati, alle molteplici ferite inferte alle comunità. La Repubblica non dimentica. E, personalmente, desidero rinnovare ai cittadini di tutti i comuni colpiti i miei sentimenti di vicinanza e solidarietà». Mattarella parla della ricostruzione, sottolineando come il percorso sia iniziato ma «ancora molto deve essere fatto». Il tessuto va «ricomposto e rivitalizzato», prosegue Mattarella, e solo così la società potrà «tornare a esprimere appieno i suoi valori civili, le sue relazioni umane, le sue attività economiche». L’ultimo pensiero del presidente della repubblica è rivolto ai giovani «che hanno diritto alla rinascita delle loro città, dei paesi, delle comunità. Pensare al domani, e non soltanto all’oggi, è il nostro impegno davanti alle nuove generazioni». (aggiornamento di Davide Giancristofaro)Esattamente dieci anni fa avveniva il terremoto a L’Aquila: alle ore 3:32 della notte fra il 5 e il 6 aprile del 2009, una scossa di magnitudo 5.9 scuoteva il cuore dell’Abruzzo, provocando 309 vittime, oltre 1500 feriti, e 70mila sfollati. Fra coloro che hanno vissuto in prima persona il dramma di quei terribili attimi infiniti, anche Silvia Frezza, un’insegnante aquilana, che ai microfoni di Vanity Fair ricorda: «Quell’ora ci è entrata dentro, nel cuore e nell’anima». Silvia, così come molti altri suoi concittadini, confessa di svegliarsi tutte le notte alle 3:32, quell’ora che sembra non voler abbandonare le sue vittime. «Non dimentico la voce di mia figlia – racconta Silvia – mentre mi chiamava, poi suo fratello che dal piano sopra al nostro chiedeva: “Papà quando finisce”. Ho temuto che sarebbe crollato il soffitto e lui sarebbe volato sopra di noi». Numerosi edifici sono crollati, ma fortunatamente l’abitazione dell’insegnante e della sua famiglia ha retto: «Forse anche per questo non riuscivo a realizzare quello che era davvero accaduto. Pensavo che gli aquilani si fossero presi solo una grande paura. Ho provato ad accendere la luce ma non c’era già più, a tentoni ho trovato il cellulare poi ho gridato ai miei figli di prendere una tuta e uscire. Schivando i vetri a terra, con i piedi scalzi, siamo usciti di casa». E li ha visto l’apocalisse. Silvia e la famiglia si sono trasferiti per diversi mesi a Pescara, per poi fare ritorno a L’Aquila, dove però l’emergenza è tutt’altro che passata e dove il ricordo di quel terribile 6 aprile 2009 è ancora vivo. (aggiornamento di Davide Giancristofaro)
TERREMOTO L’AQUILA 10 ANNI DOPO
Erano le ore 3.32 del 6 aprile 2009 e la città di L’Aquila subiva già da diversi mesi un’impennata di scosse sismiche: ma in quell’attimo, un terremoto tremendo di grado M 6.3 Richter scosse la terra e cambiò per sempre la vita (e la morte purtroppo) dei cittadini abruzzesi e non solo. Sono passati 10 anni e al netto delle tante cerimonie ed eventi legati al decennale di una delle più gravi tragedie della storia italiana nel post Seconda Guerra Mondiale, sono le storie di chi ce l’ha fatta a risalire, di chi è rimasto vittima sotto quelle macerie e di chi prega ancora oggi perché la ricostruzione sia finalmente seria e non “improvvisata”, ecco è a loro che la mente e il ricordo va immediato. Morirono 309 vittime e ci furono 1500 ferite: prima di ogni altra “celebrazione”, è per loro che l’Italia si è spesa in aiuti e sostegno dal 2009 fino ad oggi, mentre la politica discuteva spesso di “aria fritta”. Ci sono stati però anche tanti politici e amministratori locali che le maniche se le sono rimboccate per davvero, non è vero che “tutti sono uguali”: oggi il sindaco di L’Aquila, Pierluigi Biondi (Fratelli d’Italia) nel ricordare il decennale che ricorre domani ha usato una bella espressione «Un anniversario che servirà anche per raccontare di quanta bellezza ci stiamo riappropriando. Tanti problemi, ma anche tanti esempi di rinascita. Quello che sta succedendo all’Aquila è straordinario. Il decennale vuole essere un racconto in positivo per far vedere cosa sta diventando L’Aquila, dove è in corso la più grande e inedita opera di rigenerazione urbana».
LA STORIA DI ELEONORA: L’ULTIMA SALVATA DAL SISMA
Non solo, dopo quel tremendo terremoto avvenuto in piena notte di quel dannato aprile 2009 non tutto fu solo morte e distruzione (sebbene ancora oggi la città presente più cantieri che altro, con tanti sfollati che ancora vivono in case provvisorie pure dopo 10 anni): «Oggi non avremmo una città se nell’aprile 2009 non ci fossero state deroghe rispetto alla normativa sugli appalti per il progetto Case, per i Map, per i Musp, per i moduli abitativi dei comuni del cratere. Se avessimo seguito procedure ordinarie, saremmo nella situazione in cui si trovano oggi le aree del Centro Italia, con i Sae consegnati dopo due anni», conclude il sindaco Biondi. L’Aquila sta tornando a vivere, un po’ come quella ragazza all’epoca studentessa 21enne originaria di Mondaino (Rimini) che rimase per 42 ore sotto le macerie ma venne poi ripescata viva, rinascendo alla vita in una incredibile storia di salvezza. Si chiama Eleonora Calesini e in questi giorni torna a L’Aquila per la prima volta dopo 10 anni: nello speciale Porta a Porta sui 10 anni dal terremoto, Bruno Vespa l’ha portata proprio davanti ad un nuovo edificio ricostruito sulle macerie di quello abbattuto dal terremoto quella triste notte. È nata sorda e di notte non indossava il dispositivo acustico: non sentiva i soccorsi vicini e non riusciva a farsi sentire al meglio: eppure si salvò, «un’esperienza terribile, salvata solo dalla mia corporatura minuta e da una bolla d’aria che si era creata nelle macerie e nella quale rimasi bloccata». Una “bolla d’aria