Una inchiesta a firma Il Secolo XIX-La Stampa prova a smascherare altre (presunte) lacune che Autostrade per l’Italia ha lasciato nell’intera gestione delle manutenzioni e dei controlli sui migliaia di chilometri di autostrade sotto la loro diretta amministrazione. Secondo quanto riportato dal dossier Anac – citato in larga parte dall’inchiesta giornalistica di Indice e Salvaggiulo – «i presunti investimenti in prevenzione dopo l’incasso dei pedaggi potrebbero essere virtuali, maggiori sulla carta che nei fatti». Alcuni concessionari pare che abbiano in qualche modo “mascherato” il monopolio sulle manutenzioni e i controlli di migliaia di chilometri d’autostrade «talvolta senza rispettare la soglia minima di appalti da assegnare all’esterno». In aggiunta, le poco chiare e trasparenti comunicazioni al Ministero dei Trasporti spesso hanno «sottostimato» per miliardi i lavori affidati ad altre controllate: questo emerge dal dossier Anac che vede nella gestione Aspi ben più di qualcosa che “non va”. Dopo il crollo del Ponte Morandi lo scorso 14 agosto 2018, con le varie inchieste scattate per accertare i motivi e le possibili inefficienze nella gestione la famiglia Benetton e in generale i vertici di Autostrade per l’Italia sono finiti nel “mirino”: da qui nasce il dossier dell’Associazione Nazionale Anti Corruzione che però contiene elementi passibili, se confermati, di ulteriori indagini e inchieste specifiche.



IL POSSIBILE NUOVO SCANDALO

Sempre, in qualsiasi campo, se controllore e controllato coincidono i rischi sono dietro l’angolo: l’aggiornamento-svolta emerso di recente proviene dagli accertamenti sul disastro del Ponte Morandi. Ebbene, dalle carte paiono «truccate proprio in materia di manutenzioni e successivi monitoraggi», riporta l’inchiesta della Stampa. Secondo la Procura di Genova i vari report sullo stato del viadotto Morandi sarebbero stati “ammorbiditi” prima della tragedia e in alcuni casi addirittura segnati come svolti dei controlli mai avvenuti. L’Anac – che ha consegnato il proprio dossier al Governo e al Mit – ha ravvisato come ogni monitoraggio, manutenzione e controllo sullo status di ponti e autostrade erano in teoria esternalizzate, il problema è che erano tutte aziende della “galassia” Aspi (su tutte, Pavimental e Spea Engineering). Stando a testimoni citati dai giornalisti del Secolo XIX e della Stampa, «un dirigente Aspi ordinava ai tecnici Spea di edulcorare le relazioni, ritenendoli semplicemente dei sottoposti». Poi però è arrivato il crollo del ponte sul Polcevera e tutto ora emerge a presunta verità: la legge dello stato prevede che venga esternalizzato il 60% dei contratti per manutenzioni e controlli, ma secondo l’Autorità diretta da Raffaele Cantone nei consuntivi tra il 2008 e il 2016 emerge «uno scostamento abnorme tra valutazioni e percentuali dei due fronti». Nel dossier si dice esplicitamente come i concessionari di Aspi avrebbero violato per diversi miliardi la legge che obbliga ad assegnare una parte consistente degli appalti all’esterno della propria gestione. Ora la parola passa al Governo – che dovrà prendere eventuali provvedimenti – e soprattutto alla Procura di Genova che già negli scorsi giorni ha indagato alcuni dirigenti di Aspi e Spea per i report sui viadotti “edulcorati” (l’inchiesta bis del Ponte Morandi che riguarda il “Paolillo” in Puglia, il “Pecetti” e il “Sei Luci” a Genova, il “Moro” in A14 e il “Gargassa” in A26).

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