Dopo 62 giorni di carcere per il caso Fonsaimento, è arrivata l’assoluzione per Giulia Ligresti dall’accusa di falso in bilancio e aggiotaggio. La donna, ai microfoni del Corriere della Sera, ha commentato così la scarcerazione: «Quando sono uscita c’era la ola. Non ho mai smesso di crederci e ho impegnato tutto il tempo di cose. Mie e delle altre. Sempre attenta a non urtare nessuno. Una legge che devi imparare: il rispetto degli spazi che lì sono soggettivi. C’è tanta aggressività e violenza, tanta energia compressa. Il carcere non è solitudine, come erroneamente si pensa. È invece condivisione, più di qualunque altro luogo. È solidarietà, comunione, sopravvivenza, ossessione. Ogni discorso è ripetuto all’infinito, ogni novità vissuta come un evento speciale. E ogni cambiamento fa paura».



“SOGNO DI TORNARE IN INDIA PER AIUTARE I BAMBINI”

Giulia Ligresti parla poi del periodo trascorso al carcere di San Vittore dopo l’inferno vissuto a Vercelli: «A San Vittore, ho trovato un’umanità incredibile, dalle compagne al direttore, la vicedirettrice e gli assistenti. Quando mi hanno detto che sarei andata via, ho pensato: come faccio con la partita di pallavolo contro il maschile? E le mie allieve del corso di yoga? È stato un secondo, poi è esplosa la felicità di riabbracciare i miei. Però ho promesso a tutte che le lezioni le farò». E cosa sogna ora Giulia Ligresti? «Di tornare in India dai miei bambini della Vanaprastha Children’s Home a sud di Bangalore, riprendere ad andare in Afghanistan, e nella striscia di Gaza. E voglio raccogliere attrezzature sportive per il progetto con i bambini “Sport e resilienza: una speranza per la Siria”. Voglio andare a trovare mio figlio Federico a Manila. E poi c’è il mio lavoro nel design, al salone sarò in mostra con i miei oggetti “Imperfect Love”. Questa ero io e questa sono io. Mai più altro», le sue parole al Corriere.

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