Un discorso d’apertura diretto, anche duro a tratti, è quello riservato da Papa Francesco ai vescovi italiani riuniti nell’Assemblea Generale della Cei giunta all’edizione numero 73. Oltre a sottolineare le urgenze che richiamano la Chiesa italiana in questi ultimi mesi e nei prossimi a venire, è il tema dell’annullamento del matrimonio a tornare “di moda” in Vaticano a tre anni dalla riforma strettamente voluta da Papa Francesco. «Sono ben consapevole che voi, nella settantunesima assemblea generale della Cei e attraverso varie comunicazioni, avete previsto un aggiornamento circa la riforma del regime amministrativo del tribunali ecclesiastici in materia matrimoniale. Tuttavia mi rammarica constatare che la riforma, dopo più di quattro anni, rimane ben lontana dall’essere applicata nella grande parte delle diocesi italiane», è la stoccata d’esordio del Santo Padre davanti ai vescovi italiani riuniti a Roma. La riforma dei processi matrimoniali – sancita con i due motu proprio del 2015 Mitis Iudex Dominus Iesus e Mitis et Misericors Iesu – introduceva tre tipi di processi: ordinario, ‘breviore’ (quando «l’accusata nullità è sostenuta dalla domanda congiunta dei coniugi, da argomenti evidenti, con prove della nullità di rapida dimostrazione: la decisione finale di dichiarazione della nullità appartiene al vescovo stesso») e documentale attraverso i quali la Chiesa consigliava strettamente ai vescovi delle Diocesi e al Tribunale della Sacra Rota modalità operative per “snellire” i tempi, diminuire gli atti e far costare di meno la richiesta di annullamento delle nozze di fronte al fallimento dei matrimoni celebrati davanti a Dio e alla Chiesa.
PAPA FRANCESCO STRIGLIA I VESCOVI: “SNELLIRE PROCEDURE NULLITÀ MATRIMONIO”
Per Papa Francesco «l’esigenza di snellire le procedure ha condotto a semplificare il processo ordinario con l’abolizione della doppia decisione conforme obbligatoria: da ora in poi, se non c’è appello nei tempi previsti la sentenza che dichiara la nullità del matrimonio diventa esecutiva»: il Papa ricorda poi ai vescovi della Cei che il sia il processo ordinario che quello “breviore” sono processi di natura giudiziaria «il che significa che la nullità del matrimonio potrà essere pronunciata solo quando si consegue la certezza morale sulla base degli atti e delle prove raccolte». Il Papa insiste sul concetto che con la sua riforma è il vescovo ad avere nuova “missione”, con i singoli richiedenti che possono rivolgersi alla Diocesi «e questo poiché la dimensione pastorale del vescovo comprende ed esige anche la sua funzione personale di giudice». Alla platea assorta dei vescovi, il Santo Padre ha poi proseguito «il vescovo e il metropolita, con atto amministrativo, devono procedere all’erezione del tribunale diocesano, se ancora non sia stato costituito, e nel caso di difficoltà possano anche accedere a un tribunale diocesano o interdiocesano viciniore. Questo è importante». La riforma processuale è basata su prossimità e gratuità: «Prossimità alle famiglie ferite significa che il giudizio, per quanto possibile, si celebri nella chiesa diocesana senza indugio e senza inutili prolungamenti. Gratuità rimanda al mandato evangelico secondo il quale gratuitamente si è ricevuto e gratuitamente si deve dare. Per cui richiede che la pronunzia ecclesiastica di nullità non equivalga ad un elevato costo che le persone disagiate che non riescono a sostenere. E’ molto importante». Per questo motivo il Papa, concludendo il suo discorso, auspica che l’applicazione dei due suddetti motu proprio «trovi la sua piena e immediata applicazione in tutte le diocesi dove ancora non si è provveduto. Non dobbiamo mai dimenticare che la spinta riformatrice del processo matrimoniale canonico, caratterizzata dalla prossimità celerità e gratuità delle procedure, è volta a mostrare che la Chiesa è madre e ha a cuore il bene dei propri figli: in questo caso sono figli segnati dalla ferita di un amore spezzato. E pertanto tutti gli operatori del tribunale, ciascuno per la sua parte e la sua competenza, devono agire perché questo si realizzi, e di conseguenza non anteporre null’altro che possa impedire o rallentare l’applicazione della riforma, di qualsiasi natura o interesse possa trattarsi».