E’ giallo sulla colpevolezza di Daniele De Santis, soprannominato Gastone, coinvolto negli scontri di sabato sera prima della finale di Coppa Italia disputata allo Stadio Olimpico di Roma. Il 48enne è accusato di tentato omicidio per aver sparato contro alcuni i tifosi napoletani, ma l’esame dello stub (utilizzato per rilevare tracce di polvere da sparo sulle mani del tifoso) è risultato negativo. Nonostante ciò, la Questura di Roma ha fatto sapere che il test effettuato è comunque “compatibile con materiale da sparo”. Anche se negativo, quindi, l’esame avrebbe effettivamente rilevato presenza di polvere da sparo. Per questo De Santis, il quale ha sempre negato di aver sparato, rimane indagato per tentato omicidio. Su di lui pesano anche le testimonianze di chi ha lo visto aprire il fuoco in direzione dei tifosi napoletani.
Non è la prima volte che Daniele De Santis, noto tra i tifosi ultras e non con il soprannome di Gastone, rientra in episodi di cronaca legati alla violenza negli stadi. Ieri (sabato 3 maggio) il tifoso della Roma è stato arrestato dalla polizia con l’accusa di tentato omicidio, dopo che secondo le ricostruzioni avrebbe sparato ad un sostenitore del Napoli prima della finale di Coppa Italia tra i partenopei e la Fiorentina. Anche nel marzo 2004 De Santis si era reso protagonista sempre allo stadio Olimpico, quando assieme ad altri ultras interruppe il derby di Roma comunicando a Francesco Totti la falsa notizia di un bambino investito ed ucciso da una camionetta della polizia. Non è ancora chiaro il movente di De Santis: si ipotizza un regolamento di conti in sospeso con i tifosi del Napoli, oppure un tentativo di difesa dopo essere stato riconosciuto dagli ultras azzurri.
Lo conoscono come Gastone, almeno nel suo “elemento” domenicale: la curva Sud dello stadio Olimpico, cuore del tifo organizzato giallorosso. Daniele De Santis è una delle figure chiave della sparatoria che ieri sera, prima della finale di Coppa Italia Fiorentina-Napoli, ha avuto luogo a Tor di Quinto, una zona di vivai e showroom dove i pullman che portavano i tifosi del Napoli hanno parcheggiato. De Santis sarebbe l’uomo al centro dei fatti: si dice che sia stato lui a organizzare quello che sembra essere un vero e proprio regolamento di conti tra tifoserie, un assalto armato contro i partenopei. Colpi di pistola esplosi, tre feriti di cui uno gravissimo (Ciro Eposito: voci mediche parlano di situazione disperata), poi il momento della vendetta. De Santis è stato trovato privo di sensi lungo via Tor di Quinto; lo hanno arrestato con l’accusa di tentato omicidio, che potrebbe anche diventare omicidio qualora il trentunenne di Secondigliano non dovesse farcela. Alla polizia, De Santis non è certo sconosciuto: come detto in curva Sud lo chiamano Gastone, ed è uno dei leader della tifoseria giallorossa. Ha 48 anni, ed era già salito agli onori delle cronache (suo malgrado) il 21 marzo del 2004: allora si giocava il derby contro la Lazio, ma in realtà la partita non si era conclusa. C’era stata enorme confusione, quella sera all’Olimpico. Alcuni ultras giallorossi avevano scavalcato le recinzioni, erano andati a parlare con Francesco Totti: dicevano che non si poteva giocare, che un’auto della polizia aveva investito un bambino, che il bambino era morto. L’avevano avuta vinta: le squadre si erano ritirate negli spogliatoi, partita sospesa. Le voci della tragedia si erano poi rivelate infondate: chissà chi le aveva messe in giro, chissà perchè. Fatto sta che De Santis e gli altri accusati se l’erano cavata: prescrizione. Ma il nome di Gastone era stato segnato e registrato. Del resto era già finito al centro di un’inchiesta nel 1996: allora lo avevano arrestato per un ricatto all’allora presidente della Roma Franco Sensi, obbligato a fornire biglietti per le partite casalinghe ed esterne dei giallorossi. “Se non ci dai i biglietti facciamo lo sciopero del tifo, e allo stadio non ci verrà più nessuno. Oppure sfasciamo tutto, vedi un po’ se ti conviene”. Questa l’intercettazione, quando Gastone era già diventato un leader; due anni prima era stato assolto per non aver commesso il fatto, ovvero l’accoltellamento del vice questore di polizia Giovanni Selmin durante gli scontri a Brescia (novembre 1994). Ora resta da capire se sia stato lui a iniziare la sparatoria o se lo abbia fatto per legittima difesa: il tatuaggio SPQR che porta sul braccio, si dice in una possibile ricostruzione, lo avrebbe identificato come ultras della Roma agli occhi dei napoletani, scatenando il putiferio.